Oncologici anonimi – Chicca

a Chicca, Marco e Flavia

Ciao. Mi chiamo Chicca, 31 anni, oncologica. Sono morta nel 2002. Sarcoma delle parti molli.

Sono giovane, alta, intelligente. E bella!

Ho scelto la carriera, lavoro in una multinazionale e ho già girato il mondo, ma soprattutto zittisco gli uomini che mi corteggiano e pensano io sia la solita oca da esporre in vetrina: li frantumo a parole quando tentano di sedurmi e sul campo, coi risultati, perché sono più brava di loro.

Ero tornata a casa per le feste di Natale, dai miei genitori, i miei fratelli e i miei amici d’infanzia. Ho il ciclo… figurarsi se non mi viene sotto le feste… ma non si ferma… è più di una settimana…

Vado dal mio vecchio medico, mi fa fare un’ecografia: c’è un’ombra, c’è qualcosa… ma che accidenti… ehi, io ho solo 29 anni! Non ho ancora avuto figli!

Mi massacrano di esami, lo vedo che non sanno come dirmelo: alla fine salta fuori che mi rimangono solo sei mesi.

Non mi conoscono, io sono una combattente, un’amazzone!

Mi operano una prima volta e mi tolgono un pezzo, faccio le terapie, giro mille ospedali, vado in Germania, in America. Mi tolgono un altro pezzo. E un altro. E un altro ancora.

Maledetto!

Dicono che è un sarcoma delle parti molli: lo tiri via da una parte e lui salta fuori da un’altra.

Ma io resisto, non mollo. Io sono giovane! Voglio vivere, viaggiare, fare l’amore! Voglio smettere di fare l’eremita! Non concedo a nessuno di vedermi ora: non voglio essere compatita o mostrare come è cambiato il mio corpo e il mio viso.

Comincio a odiare il tempo: è come se si fosse fermato da quando mi hanno detto cos’ho, come se avessi la data di scadenza, come se aspettassi solo la fine senza potere fare nulla che mi lasci una traccia da raccontare. Il tempo è il mio nemico, quello che mi toglie il futuro e anche il presente: ho solo il passato da ricordare.

Me la prendo anche con Dio: magari non c’entra, ma con qualcuno devo prendermela. Se Dio esiste allora è malvagio a farmi morire; se invece non può farci nulla è impotente e pertanto inutile.

Passano sei mesi, dodici, diciotto.

Ho resistito il triplo del tempo che mi avevano concesso: io non sono mai stata una preda facile e nessuno mi ha mai visto avere paura, nemmeno quando ce l’avevo.

Credete sia stato facile sentirsi dire quello che hanno detto a me? Credete sia stato facile risvegliarsi ogni volta con un pezzo di corpo in meno?

Ma la mia anima no. Quella non me la porteranno via.

Solo che sono stanca, mi hanno sventrato e portato via tutto quello che c’era dentro, ho tre stomie, mi rintronano con la morfina continua in elastomero. Dov’è scritto che io debba sempre essere una guerriera? Io sono solo un essere umano e ho diritto anche di piangere e di avere paura.

Guardo le mie foto, quelle in cui sorrido.

Sono loro lo specchio in cui mi rifletto adesso: io sono quella delle foto, non il simulacro che contiene ciò che resta di me.

Ora è il momento di fare pace: con il tempo, con la vita, con la morte; provo anche a riconciliarmi con Dio e me ne vado a ferragosto, quando c’è poca gente, quasi di nascosto.

Ma la chiesa del mio paese è ugualmente piena, c’è gente fin fuori che non riesce ad entrare.

In fondo ho vinto io: nei ricordi di tutti io sarò sempre Chicca. Quella giovane, alta, intelligente.

Quella bella.

Io sarò per sempre bella.

Per tutti.

Per sempre.

Racconto di Paolo Pisi, medico legale di ASST Mantova

2 Commenti
  1. Struggente e meraviglioso racconto, scritto con una delicatezza d”animo e una competenza professionale celata, ma fortemente presente. Veramente queste righe rimangono nell’animo. Bravo Paolo Pisi

    1. Buongiorno Anna,
      la ringrazio per le lusinghiere parole: scopo del racconto era ricordare tre persone cui ero particolarmente legato e cercare di sensibilizzare un ipotetico lettore su un tema difficile; se lo “conosciamo” spesso ne siamo stati travolti e in qualche modo va esorcizzato; se ci è “sconosciuto” va raccontato per comprendere quale dramma spesso si celi dietro, con il quale occorre comunque fare i conti e non rimanere schiacciati.
      Il messaggio di Chicca è che lei ha “vinto” la sua battaglia, perché è viva e presente nei ricordi e soprattutto nel cuore di chi l’ha conosciuta, amata e apprezzata.
      Con i destini ineluttabili, la vera vittoria è la conquista di se stessi.
      Spero che lei possa apprezzare anche le due storie che saranno pubblicate nei prossimi numeri.

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