Il teatro anatomico della Reale accademia di scienze, lettere ed arti

Secondo un decreto del 1767, la disciplina medico-chirurgica doveva dedicarsi soprattutto a “le cognizioni e gli esami dei corpi e dei loro fenomeni”

La lettera che Giuseppe II inviava il 20 luglio 1767 al conte di Firmian, governatore generale della Lombardia, evidenziava l’intento del governo asburgico di promuovere il risveglio culturale della città di Mantova e di formare una classe dirigente solidale con il programma imperiale, tramite l’istituzione della Reale Accademia di Scienze, Lettere ed Arti (4 marzo 1768).  La lettera anticipava il decreto del 9 novembre 1767 che definiva i criteri cui dovevano ottemperare le 4 classi costituenti l’Accademia. La disciplina medico-chirurgica, afferente alla classe di Fisica Sperimentale, si doveva dedicare soprattutto a “le cognizioni e gli esami dei corpi e dei loro fenomeni”, principio coerente con l’orientamento utilitaristico del Governo Asburgico secondo il quale erano da preferire gli studi più utili al bene della società e dello stato.

Dopo la soppressione della Compagnia di Gesù (1773), l’insegnamento di Medicina e Chirurgia fu affidato alla Reale Accademia. All’interno del Palazzo della suddetta tre ambienti furono dedicati allo scopo, in particolare il “Teatro Annotomico”, presso il quale si dovevano tenere lezioni di anatomia ed eseguire interventi chirurgici dimostrativi su cadaveri nei mesi di gennaio e febbraio di ogni anno. I corsi di anatomia erano paralleli a quelli di chirurgia, dato che gli anatomisti erano considerati i migliori utilizzatori delle proprie conoscenze ai fini della pratica chirurgica.

Nulla si sa circa la conformazione del teatro, ma alcuni degli oggetti in esso esposti sono tutt’ora ammirabili  al Liceo Virgilio di Mantova  e  all’Accademia Virgiliana. La loro disposizione è deducibile leggendo l’articolo della Gazzetta di Mantova del 23 giugno 1775 dedicato alla “Inaugurazione della Fabbrica della R. Accademia”. L’articolo ribadisce quanto scritto nel “Ragguaglio delle funzioni fattesi in Mantova per celebrare l’inaugurazione della Nuova Fabbrica della Reale Accademia” (Mantova, 1775). In quei documenti si afferma che “ le pareti del piccolo teatro anatomico…all’alto erano ornate colle tavole miniate di Mr. Duvernay, al basso con molte preparazioni secche de’ nervi, delle vene e arterie e di altre parti di corpi umani e d’animali, alcune delle quali con delicate iniezioni, una gran tavola in mezzo era piena di feti e mostri conservati nello spirito di vino, e di macchine per uso della chirurgia e dell’obstetricia; e negli angoli stavano aperti due grandi armadj con moltissimi istromenti anatomici e chirurgici acquistati ultimamente per uso della detta Colonia de’ quali molti lavorati in Mantova colla maggior perfezione.”

Sicuramente gli oggetti esposti, dato il rigore asburgico, non dovevano essere affatto banali, essendo parte di una realizzazione museale curata dall’abate Girolamo Carli (Siena 1719, Mantova 1786), nominato dal governo Segretario perpetuo dell’Accademia ed incaricato di raccogliere oltre a statue, busti, iscrizioni classiche, macchine per la Fisica Sperimentale, anche “prodotti della natura”. Relativamente alla raccolta di quest’ultimi sono note le direttive impartite dal barone Sperges ( capo del dipartimento italiano a Vienna) all’abate Carli: “ Ecco alcune parti del museo, facili a riunirsi, col tempo. Una collezione di feti, cominciando dal più picciolo embrione fino ai bambini più grandi, e ben formati. Così pure degli embrioni o parti mostruosi umani, e delle bestie. Vanno essi conservati in vasi di vetro collo spirito di vino. Altra delle ossa tanto de’ bambini che degli adulti in stato naturale. Altra osteologica d’ossa deformi o mostruose. Lasciando correre la voce fra i Parochi, Chirurghi e Medici, che si procurino all’Accademia tutti i mostri d’uomini e d’animali morti, può riuscire questa raccolta non difficile, e sarà singolare. Preparazioni anatomiche delle più difficili, purché siano ben eseguite, o colla netta separazione delle parti, o per mezzo delle iniezioni. Vanno conservate parte nello spirito di vino, parte anche asciutte”.

Le direttive riguardanti le preparazioni anatomiche furono prese alla lettera; il Carli, coadiuvato dal chirurgo ed anatomico Concordi (in seguito Direttore della Scuola per Ostetriche presso l’Ospedal Grande di Mantova), si rivolse per la realizzazione di alcune, all’artefice bolognese Nicola Toselli, autore di numerosi preparati utilizzati per le dimostrazioni agli studenti presso la prima scuola italiana di ostetricia fondata a Bologna nel 1757 da Giovanni Antonio Galli. Ben documentato è “un utero gravido tutto in legno colorato a dovere, aperto lateralmente col suo feto di pelle e colla cassetta per custodia” utilizzato per la didattica ostetrica ed esposto presso il nostro teatro anatomico.

Di quei reperti, in Accademia, restano gli strumenti chirurgici ammirabili nella loggia afferente alla Sala  Ovale e raccolti in 4 eleganti teche lignee disegnate dall’Architetto Dino Nicolini sul finire degli anni ’70 del secolo scorso. Esse consentono di ammirare, fissati in 12 cartoni, 209 strumenti chirurgici fra cui bisturi, uncini, aghi, forcipi, tenaglie e così via. Sul cartone 10 si possono notare due “soffietti semplici per gli asfittici, con…pipe da tabacco, e tubi elastici ed imbuti…” Sono questi quanto rimane dei mantici che i campanari di sei chiese mantovane, vicine ai laghi, dovevano custodire al fine di soccorrere gli annegati cioè “…per inspirare gagliardamente l’aria nei polmoni”.

Il teatro anatomico dell’Accademia, si diceva, era “piccolo”, non avendo la maestosità di quello di Leida o di quello di Bologna, né l’importanza storica del teatro di Padova presso cui si avvicendarono maestri precursori della medicina e della mentalità moderne. È ipotizzabile però che, grazie all’ impostazione illuminista dell’insegnamento della Medicina e della Chirurgia in Mantova, presso il nostro la lezione di anatomia sul cadavere  non si prestasse come in altri teatri anatomici, quali quello dell’Archiginnasio di Bologna, ad essere occasione di  incontri mondani o parata di autorità politiche e religiose. È noto che molti studenti di Medicina e di Chirurgia europei, ancora in quell’epoca, solo nei gabinetti privati dei docenti  riuscivano ad assistere a utili  lezioni  dimostrative sul cadavere, al riparo dal brusio e dalla ressa che disturbavano quelle tenute negli spazi istituzionali preposti. Èprobabile che a Mantova gli studenti non fossero obbligati a ricorrere a quei “rimedi” extraistituzionali grazie alla già riferita impostazione dell’insegnamento, la stessa che consentiva ai docenti di non doversi conformare all’atteggiamento moralistico-religioso della chirurgia ufficiale che avversava alcuni interventi, quali la rinoplastica, essendo considerati atti capace di modificare la natura.

L’attività didattica presso il teatro anatomico, unitamente alla realizzazione del Museo e ad altre iniziative consentono di affermare che a Mantova, almeno nei decenni di reggenza di Maria Teresa e di Giuseppe II, la Reale Accademia riuscì ad adeguarsi al rinnovamento del secolo e a vivacizzare l’ambiente intellettuale locale, fornendo anche un contributo importante alla cultura internazionale.

Di Andrea Zanca, Accademia Nazionale Virgiliana

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