Come abitare poeticamente il mondo con l’aiuto di Heidegger

Un laboratorio di scrittura creativa grazie al Consultorio di Goito

Il 29 aprile, l’evento dal titolo “Abitare poeticamente il mondo. L’arte e la poesia come possibilità est-etiche” ha visto come relatrice Arianna Pastorelli, dottoressa in filosofia e poetessa, che ci ha trasportati nel mondo della poesia attraverso il pensiero di Martin Heidegger.

Ripercorrendo insieme alcuni saggi del filosofo tedesco, abbiamo visto come l’arte in generale e la poesia in particolare rappresentino per noi una “possibilità di salvezza” rispetto a una modalità sempre più “tecnica-impositiva” di rapportarci al mondo, aprendoci a una relazione che conserva invece i tratti della docilità, dell’accoglienza, della sacralità.

Il poeta, nell’atto poetico per eccellenza del “nominare le cose”, non definisce, e-voca, “chiama fuori le cose dal loro nascondimento”, ce le pone innanzi, custodendole, al contempo, nel loro inesauribile mistero. La poesia, quindi, non è una mera questione linguistica: prima ancora di farsi lògos (parola), essa è èthos, modo di comportarsi, una postura, un’apertura di fronte a ciò che è altro da noi, un modo di abitare, vivere, pensare il mondo.

Arianna ci ha suggerito infine come l’arte di leggere e scrivere poesie, nella sua pratica, non solo ci consenta di stabilire una profonda relazione con il mondo, ma anche e soprattutto con noi stessi e le nostre emozioni. Per questo motivo, è stato proposto dalla nostra relatrice un esercizio di scrittura creativa da fare assieme. In questo laboratorio, riadattamento di un workshop della poetessa canadese Rupi Kaur, veniva richiesto ai partecipanti di pensare a un oggetto con il quale identificarsi, e, successivamente, attraverso una serie di domande guidate, di raccontare la storia di questo oggetto in poesia.

Di seguito riportiamo alcuni dei componenti che sono emersi nel laboratorio e che gentilmente alcuni partecipanti ci hanno inviato (altri componimenti nel prossimo numero di Mantova Salute).

Il Consultorio di Goito

 

Un fiore

Sono una gemma piccola e chiara, un mughetto tra tanti.
Sento freddo e sono madido di pioggia, ma è questa la mia felicità.
Vorrei tornare seme nella terra di montagna dove i miei avi avevano radici.
Ogni tanto le campanule dei miei simili risuonano di vento e cantano i loro segreti – solo a chi li sa ascoltare.
Sogno di diventare dono d’amore nelle mani di un innamorato:
Ho paura di sfiorire in solitudine.
Vorrei essere prezioso agli occhi dei viventi.
La luce degli astri non mi fa dormire la notte;
Essere vivo è la cosa migliore che abbia mai fatto,
Non essere grato è la cosa peggiore che mi sia capitata.
Non parlare il linguaggio degli uomini mi fa sentire in colpa.
Il momento del giorno più bello è l’albeggiare.
Ancora non è stata rivelata la mia ragione di vita…
“Il fiore degli ultimi”: vorrei essere ricordato così.

Francesca Castellani

 

 CONCHIGLIA

Son conchiglia, ruvida e fredda
priva del mio frutto, inebriata dalle onde di questo mare.
Su di questo fondo voglio restare, in balia della marea.
Scomposta.
Alcuni frammenti dispersi sulla battigia, altri nel sapore del vento.
Sogno di restare.
Non temo il mare e la sua imponente potenza,
ogni sua goccia mi appartiene ed io appartengo ad essa.
C’è chi crede io sia senz’anima,
una scheggia inanimata, inerte
ma in me è racchiuso il tutto, è questo universo rumoroso che mi impedisce di riposare.
Un giorno un bambino mi ha raccolta,
quel giorno il suo sorriso mi ha resa ancor più viva.
Poi, improvvisamente il mio fragile guscio si è scalfito ed ho ripreso il mio errare infinito
tra le onde, voglio restare.
Sola, una conchiglia ruvida e fredda.
Un fascio di luce mi attraversa, è l’alba di un nuovo giorno.
Una conchiglia ruvida e fredda
è il ricordo di un sorriso infantile.

GP

 

BICCHIERE

Affogo nei pens…bicchieri!
Sono un bicchiere
Una di quelle coppe champagne
Leggera, accogliente
Con intagli antichi
che trasudano storie lontane
Mi sento confuso, sbattuto
in un vortice rumoroso
– dovrei essere trattato con delicatezza
E
Invece
Sono sbatacchiato
Tin, tun, tin
Sogno i guanti lunghi e morbidi
Di quella ragazza
Così sicura di sé
Che mi stringe con eleganza
E piano nasconde i suoi intenti
I pensieri più profondi
Dietro al mio luccicare leggiadro

Sono un pezzo unico
Intagliato a mano da un artigiani
Tanti mi somigliano,
Ma
Ognuno sta al posto suo

Sogni di riempirmi
Dei beveraggi più mitici e strampalati di ogni epoca

Temo di rompermi
E
Di non esser aggiustato
Di venir confuso
Con i tanti bicchieri di plastica

Io sono più di questo
Sono importante
Porto bellezza, bontà, compagnia
Celano dietro di me
Ciò che sentono
…mi usano per brindare
…mi usano per dimenticare

Sono ricordi
Strumento di malvagità, ubriachezza, perdizione

Possono amarmi,
Oppure possono odiarmi
Non so…dovrei forse sentirmi in colpa?
Per cosa?

Respiro la sera soltanto
Il jazz che suona sul palco
La luce soffusa
Il sigaro acceso
La voglia di festa
Le bolle mi riempiono
Le tue labbra su di me si posano

Riempimi, sono tuo

Ricordami come il bicchiere perfetto
Per ogni situazione.

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