Il racconto di due donne separate per giorni dai loro piccoli: le paure, il senso di solitudine, la sofferenza per il distacco e la gioia di tornare a case insieme
“È solo in miniatura, ma è spettacolare”. Alessandra è una delle mamme colpite dal Covid costrette a separarsi dal figlio dopo il parto. Scopre di essere positiva quando si precipita in ospedale per problemi di pressione, col bimbo che le scalpita in grembo per nascere anzitempo. Pochi sintomi, già scemati nei giorni precedenti, ma il tampone decreta la malattia in corso. I medici le avevano anticipato che il parto sarebbe avvenuto in anticipo, perché il feto stentava a crescere. Ma lei non avrebbe mai immaginato di dovere affrontare, oltre alle preoccupazioni della prematurità, anche quelle del coronavirus. Tutto contemporaneamente, vissuto sulla propria pelle e su quella dei familiari.
“Non l’ho nemmeno visto nascere – racconta la donna – ho chiesto a un’ostetrica di scattare una foto per me. Lui ricoverato in Terapia Intensiva Neonatale, io in Medicina generale Covid. Mio marito, risultato anche lui positivo, in quarantena. Gli altri due figli trasferiti dalla nonna. Ciascuno di noi con la propria solitudine. È stata dura. Però – aggiunge – c’era un appuntamento giornaliero che mi dava sollievo: la videochiamata delle infermiere e delle dottoresse, che mi mostravano Cesare. Lo guardavo lì, nello schermo, e per un po’ stavo bene”.
Alessandra sa che il suo piccolo è in buone mani. Anzi: ha già conquistato il personale della Neonatologia, che per 21 giorni lo ha adottato, ricoprendolo di attenzioni, “si sono innamorate di lui, perché è una forza della natura”. Però la lontananza è faticosa: “Ho potuto fargli visita solo prima delle mie dimissioni, completamente bardata. Mi hanno spiegato come accudirlo, come comportarmi e io ero disorientata, non sapevo cosa fare. Ricordo che quel giorno ho avuto una crisi di pianto, pensando di non poterlo portare con me”.
Una volta a domicilio, le videochiamate dalla Terapia Intensiva Neonatale continuano. Il padre di Alessandra porta quotidianamente il latte materno in reparto per nutrire il nipotino. Ancora qualche sospiro e poi il tampone risulta finalmente negativo. Così la madre può riabbracciare il piccolo. Altri tre giorni di maternage dentro e fuori dall’ospedale e infine Cesare viene dimesso: “Ringrazio il personale sanitario e i nonni, senza i quali saremmo stati in grandi difficoltà”.
Gessica, con la figlia Ludovica, vive un’esperienza analoga a quella di Alessandra. Non sa di essere positiva quando arriva in ospedale per un cesareo d’urgenza, non ha sintomi. L’esito del tampone fa però scattare il percorso Covid e la getta in un momento di sconforto: “Temevo di avere trasmesso la malattia alla piccola. Ho affrontato il travaglio da sola, perché il mio compagno non ha potuto stare con me. Ho provato una grande solitudine, ma le ostetriche erano bravissime e mi hanno tranquillizzata molto”.
A intervento terminato, solo il tempo di uno sguardo furtivo alla bambina e poi le strade di mamma e figlia si dividono. La nascitura viene ricoverata per 21 giorni in Terapia Intensiva Neonatale, la donna trascorre due giorni in un reparto Covid prima di tornare a casa. Il resto è storia di paure e speranze: il timore di manifestare sintomi, la sofferenza per il distacco, il conforto delle videochiamate dalla Neonatologia: “Mi hanno mostrato Ludovica anche mentre la nutrivano con il mio latte, che uno zio portava ogni giorno a destinazione. Il personale è stato molto disponibile. Purtroppo la bimba era già pronta per le dimissioni, ma il tampone mio e quello di mio marito risultavano ancora positivi, così è passato altro tempo. Finalmente il 28 novembre abbiamo potuto andare a prenderla. Un’emozione intensa, dopo tante difficoltà”.
Il vero travaglio, per queste donne, è stato dopo il parto. Anche se la gioia di riabbracciare i figli le ha ripagate doppiamente.
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Elena Miglioli è il direttore del periodico Mantova Salute, responsabile dell’Area Ufficio Stampa, Comunicazione e Urp ASST di Mantova. Giornalista professionista, scrittrice, poetessa. Ama tutte le forme d’arte, ma mette la musica (classica) al primo posto.