Urp e Covid: “Grazie per averci accompagnato in questo percorso doloroso”

Una figlia che vuole parlare con la madre per l’ultima volta, un padre che chiede di passare la Pasqua con i suoi bimbi. Gli operatori si prodigano per una risposta

Il periodo di lockdown ha cambiato notevolmente il modo di rapportarsi con i cittadini di tutta l’ASST, in particolar modo l’Ufficio Relazioni con il pubblico ha dovuto stravolgere i ritmi e le modalità di lavoro per incontrare le esigenze degli utenti. Non ci si poteva incontrare più di persona, ma tutto è stato gestito in modalità telefonica. Alle domande sulle prestazioni rimandate, sulla nuova organizzazione dei servizi o sulle nuove modalità di accesso, è subentrata un’incessante richiesta di aiuto e un forte bisogno di ascolto e di conforto.

Era Giovedì Santo, quando sono stata contattata da un 40enne
Covid positivo, in isolamento domiciliare. Era in attesa da giorni di essere chiamato per eseguire il secondo tampone e verificare la negatività. Aveva avuto importanti problemi respiratori e da un mese era lontano dai suoi figli e dalla moglie: non li aveva più visti, anche se li sentiva spesso per telefono. Aveva un unico desiderio: ricongiungersi con i propri cari il più presto possibile perché gli mancavano, ma senza l’esito del tampone non poteva farlo. Venti giorni dopo questa telefonata, mi ricontatta: sta meglio, ma soprattutto ha potuto trascorrere il giorno di Pasqua con i suoi bambini.

A maggio, una signora rivendicava il diritto di rivedere la madre degente in una struttura Covid. Dalla RSA in cui era ospite, era stata ricoverata d’urgenza in ospedale perché in gravi condizioni. La figlia non l’aveva più vista né sentita. Aveva accettato l’attivazione delle Cure Palliative, ma chiedeva che venisse rianimata perché, prima che morisse, aveva bisogno di dirle cose che mai le aveva detto prima. Sono quasi le cinque del pomeriggio e mi attivo subito. Nell’arco di poche ore intercorrono alcune telefonate tra me, una dottoressa, un’infermiera e la figlia venendosi a creare una sorta di ponte comunicativo ed emotivo. La paura che la madre potesse soffrire sia fisicamente che emotivamente, che si sentisse abbandonata; il non poterle essere vicino nonostante fosse il suo unico riferimento; e poi l’umano grido: perché deve andarsene così, in questo modo e in questo momento? Non è giusto.

Ho risentito la signora qualche giorno dopo il funerale della madre. Non l’aveva più incontrata, ma era sollevata dal fatto che non avesse sofferto. Mi ha ringraziato per “averla accompagnata con delicatezza nel percorso doloroso di dover lasciare andare la mamma”. Confesso che la mia voce ha tradito l’emozione. In quell’occasione ho ricevuto io un abbraccio virtuale dalla donna che ha espresso il desiderio un giorno di poterlo fare personalmente.

Ricordo anche una signora: aveva visto l’ultima volta a marzo il padre novantenne – un uomo forte, sempre in ottima salute – partire da casa sua con le proprie gambe. Mi chiedeva un aiuto per cercare gli ultimi effetti personali del papà: pigiami, ciabatte, magliette, occhiali e i documenti smarriti nell’emergenza del passaggio tra una struttura e l’altra. La rabbia traspariva da un eloquio concitato: non l’aveva più rivisto dal giorno in cui era partito, non aveva potuto accompagnarlo nemmeno il giorno del funerale, perché in quarantena anche lei. A distanza di due mesi, cercava frammenti di vita del padre che non c’erano più.

Paura, disperazione, solitudine, impotenza, incertezza, rabbia, sensi di colpa per non essere potuti stare accanto ai propri famigliari, il non detto, la percezione si sentirsi abbandonati in balia di una situazione che non si può controllare…sono tutti aspetti di un periodo che ci ha tutti accumunati e avvicinati. Grazie alla collaborazione, alla comprensione, interesse e empatia di chiunque ha fatto “la sua parte” in questo difficile percorso, abbiamo potuto sentirci meno soli e siamo riusciti a essere umanamente e professionalmente vicini a chi ha richiesto il nostro aiuto.

Il servizio continua dallo scorso numero di Mantova Salute.

 

 

Daniela Pasquali lavora all’Ufficio Relazioni con il Pubblico dell’ASST Mantova

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