Non scelse di prendersi del tempo per sé. Quel pomeriggio era il tempo ad averla scelta e ad aver deciso di prenderla in ostaggio. Insieme alla paura di non poter avere una via d’uscita. Provava una sensazione di immobilità forzata come quando c’era la neve. Lei non voleva stare. Perché stare significava soffrire. Lei non voleva più soffrire. Ma quella calamita non smetteva di attrarre quel corpo tumefatto ma vivo. Poi un giorno fece un lungo respiro e in apnea, chiudendo ogni porta d’accesso ai suoi sensi, spezzò la catena e tornò a germogliare. E così dopo ogni inverno, quando la minaccia di improvvise nevicate poteva mettere in pericolo la mobilità. Quella neve, così candida, bianca di purezza senza peccato, che tutto sapeva rendere innocente, risuonava alle sue orecchie di un motivo ovattato e echeggiante, quasi rendesse tutta la prossimità insonorizzata alle richieste di aiuto. Quella mattina in cui resero Codogno famosa in tutto il mondo il respiro le si spezzò per un attimo che le sembrò interminabile. Le urla riecheggiarono dal passato. Le previsioni del tempo davano rischio neve anche a bassa quota. Le gambe le si paralizzarono e un senso d’angoscia la percorse fulmineo come un freccia rossa sulle rotaie del suo scheletro. “Non posso ripiombare nell’incubo. Qui non succederà. Stai tranquilla. Per noi non cambia nulla. Tra qualche giorno tutto tornerà come prima. Andrà tutto bene ” si ripeteva. Ci credeva. Voleva crederci. Non poteva ripetersi l’inferno. Eppure, la vita quante cadute senza paracadute Le aveva procurato. A quanti naufragi senza scialuppa di salvataggio L’aveva costretta. Ma c’era qualcosa di diverso questa volta. Semplicemente Lei non era più quella di vent’anni prima. O meglio, era quella e molto di più. Lei non era più sola.
Alessandra Baraldi
I racconti riportati nella sezione “In punta di penna” sono stati scritti da un gruppo di autori appartenenti al Centro Bella Penna curato da Nora de Giacomo.