Partorire tra preoccupazioni e tanta gioia. L’esperienza di alcune neo-mamme
“Mi chiedo se mi riconoscerà quando toglierò la mascherina”, commenta Silvia, mamma da due giorni di una bellissima creatura. La prima. Il timore è troppo per togliere la mascherina anche solo per dare un bacio alla piccola: “Sembra una situazione normale, ma la preoccupazione c’è sempre. Disinfetto tutto e mi capita di aver paura a toccare la bambina.”
Oltre alla preoccupazione legata al Coronavirus, in queste giovani mamme c’è anche un senso di profondo isolamento dovuto alla lontananza della famiglia e degli amici che non possono condividere con loro questo importante momento.
“Mi pesa la solitudine che questa situazione ha generato – confida Benedetta, mamma della sua seconda figlia – la mia paura non era tanto quella di contrarre il virus, ma quella di non poter condividere con i miei genitori e gli amici la gioia del parto. Sono figlia unica e i miei abitano nelle Marche: non so nemmeno quando presenterò loro la bambina”.
Dall’inizio dell’emergenza alla prima settimana di aprile, i parti a Mantova sono stati 186, 21 in più rispetto allo scorso anno. Anche in questo modo, la vita ci dà la sua garanzia: vincerà ancora una volta. Insieme all’amore, immenso e naturale, di una madre e di un padre per il proprio figlio e nonostante il periodo di emergenza che stiamo vivendo.
Il Coronavirus ha sconvolto tutti e tutto, comprese le procedure. Il punto nascita di Asola è stato momentaneamente chiuso, mentre medici e ostetriche hanno dato il loro contributo all’ospedale di Mantova. I Consultori sono rimasti aperti, ma offrono i servizi inderogabili per la tutela della gravidanza. Percorsi separati per partorienti Covid o sospette e per coloro che sono negative: sale parto e sale travaglio distinte.
“Non è facile – commenta un’operatrice – ci siamo organizzati per poter fronteggiare al meglio l’emergenza anche in un momento così importante per la vita di una donna e di una coppia. Ce la stiamo mettendo tutta.”
Al Carlo Poma i papà assistono al parto, ma non possono fare visita durante la degenza della mamma e del piccolo; mentre a Pieve di Coriano, struttura dotata di stanze singole, le visite sono permesse, ma con le dovute precauzioni. Se la mamma è sospetta o positiva al Covid, la permanenza di un accompagnatore è consentita solo nella fase del parto.
Si tratta di precauzioni necessarie per salvaguardare la salute di tutti, in primis delle mamme e dei bambini. Tuttavia sono disposizioni che non è semplice accettare, soprattutto in un momento tanto delicato quanto meraviglioso come quello del parto.
“Ho partorito all’ospedale di Mantova giovedì 26 marzo, con taglio cesareo programmato – racconta Alice – la situazione è sicuramente delicata, quasi surreale. Nessuna visita, nemmeno da parte del papà, che può però assistere al parto: nel mio caso, è sceso con me al momento dell’intervento ed è stato chiamato dentro dopo che la bimba ha fatto il bagno. È rimasto con noi per circa 40 minuti, il tempo di osservazione post intervento, ci ha accompagnato su in reparto e poi è andato a casa.
“È stato un evento vissuto in forma privata e intima – commenta Sara – solo il papà e i fratellini, al rientro a casa, hanno condiviso l’arrivo di Edoardo”.
Eppure, nonostante le difficoltà, niente, nemmeno il Coronavirus, riesce a soffocare quel mistero ricco di bellezza che è la nascita di un bambino. Un pianto che suona come un magnifico inno alla vita, come se quel corpicino così piccolo e così perfetto urlasse al mondo: “Vedete? Sono vivo”.
E ci commuove. E ci incoraggia.
“Bisogna prenderla con positività – ammette Sabrina, sorridendo sotto alla mascherina – la bellezza del parto fa passare in secondo piano il resto. E poi abbiamo Whatsapp e le videochiamate per rimanere in contatto con nonni e amici. Non è facile, ma bisogna essere positivi”.
La nascita di un bambino è la speranza che si concretizza e che ci dice che c’è ancora tanto buono al mondo per cui dobbiamo combattere, rischiare. Vivere. E così vinceremo. Omnia vincit amor et nos cedamus amori.
Maddalena Bellei è una graphic designer e lavora negli uffici della Comunicazione di ASST. Ha capito lo scopo della sua vita grazie ad Alessandro D’Avenia: “Strappare la bellezza al mondo ovunque essa sia e regalarla a chi ti sta accanto: per questo sono al mondo”. Ama la fotografia, il cinema, il mare e Nicolò al quale deve tutto.
Bellissimo articolo!!!! Grazie di aver dato voce a questa realtà fatta di vita e futuro in un momento che si parla prettamente di morte.
Combattere sempre arrendersi mai