Quando l’ascolto è un bene prezioso

È notte…nel buio del corridoio, davanti alla finestra, vedo Massimo, marito di Alessia, paziente di 36 anni oncologica in fase terminale. Mi avvicino e lui mi dice: «Sto pensando». Gli rimango accanto in silenzio e inizia a raccontarmi il percorso di malattia della moglie. Che lui, nella stessa misura, considera essere  anche il suo.
«Adesso siamo arrivati qui, io so che siamo arrivati alla fine, razionalmente lo so, ma non riesco, non voglio farmene una ragione. Io non credo di essere capace di sostenerla  ancora per molto, non ce la faccio più…Se un giorno di questi, entrando in reparto, qualcuno mi dicesse che Alessia è morta, ne sarei sollevato. Mi vergogno a esprimere questi pensieri, ma questo è ciò che adesso vorrei».
Massimo piange e si scusa per ciò che mi ha appena detto.
Lo ascolto, restiamo qualche attimo in silenzio e lascio sfogare il suo pianto.
Cerco di rincuorarlo, rileggendo il loro percorso in tutto ciò che è stato fatto, rimarcando che nulla è stato lasciato intentato. Gli strappo un mezzo sorriso e un abbraccio di gratitudine.
«Adesso devo tornare in camera, se Alessia non mi vede, si preoccupa».
Buona notte.

Laura  Grigoli, operatore socio sanitario

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