Bullismo e cyber-bullismo, disturbi da stress post-traumatico, tentativi di suicidio e autolesionismo fra i problemi in aumento
Nel Piano di Azione 2013-2030 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità si legge che “la salute mentale è uno stato di benessere in cui l’individuo si rende conto delle proprie capacità, è in grado di affrontare le normali tensioni della vita, può lavorare in modo produttivo e fruttuoso ed è in grado di dare un contributo alla propria comunità. Per quanto riguarda i bambini, si pone l’accento sugli aspetti legati allo sviluppo, come ad esempio un senso positivo dell’identità, la capacità di gestire i pensieri e le emozioni e di costruire relazioni sociali, l’attitudine all’apprendimento e all’acquisizione di un’istruzione che consenta loro di partecipare pienamente alla società”.
La Strategia dell’UE per i giovani 2019-2027 dedica il quinto dei suoi 11 obiettivi alla salute mentale e al benessere, che descrive con questi termini: “raggiungere un migliore benessere mentale e porre fine alla stigmatizzazione dei problemi di salute mentale, promuovendo così l’inclusione sociale di tutti i giovani”.
In Italia e in Europa, l’aumento di problemi acuti e scottanti che colpiscono i giovani, anche in età molto precoce, come la gestione del bullismo e del cyber-bullismo (uno studio globale dell’Unesco riporta come il 33 per cento della popolazione giovane è stata vittima di cyber-bullismo e le persone più soggette sono quelle con disabilità, i giovani stranieri e le donne), il disturbo da stress post-traumatico di tanti giovanissimi migranti, la cicatrice della pandemia, le preoccupazioni per la crisi ambientale e per la guerra, l’aumento dei suicidi, dei tentativi di suicidio e dei pensieri suicidi, e l’autolesionismo, richiedono un’azione immediata, coordinata e intensa.
I dati che sono stati raccolti in Europa raccontano in maniera molto chiara l’esplosione del disagio psicologico tra la popolazione giovane. A dicembre 2021 Save the Children Spagna ha documentato come i problemi legati alla salute mentale tra i bambini siano triplicati durante la pandemia (e nel 3% dei casi si riportava di avere pensieri suicidi). In Croazia nel 2020 i casi dei suicidi nella fascia d’età tra i 15 e i 25 anni sono cresciuti del 57 per cento rispetto all’anno precedente. All’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma le ospedalizzazioni per ideazione suicidaria e tentativo di suicidio sono passate dal 17 per cento del totale nel gennaio 2020 al 45 per cento nel gennaio 2021. In Romania, poi, le richieste di aiuto da parte di giovani con idee suicidarie, che si attestavano intorno al 2 per cento prima della pandemia, dopo sono aumentate fino a raggiungere il 16 per cento.
In tutto il mondo e in particolare nell’UE, un gran numero di progetti culturali e creativi si occupano attivamente della salute mentale e del benessere dei giovani, rendendo disponibile il proprio, unico apporto, per la promozione, la prevenzione, il trattamento e la gestione delle situazioni più difficili e fragili. Dal 2019, l’OMS ha riconosciuto a più riprese la validità di queste pratiche, che consentono di affiancare alla rete del supporto medico-sanitario e socioassistenziale una presenza di punti di accesso all’assistenza diffusi, poco istituzionalizzati, a bassa soglia di ingresso e più contigui ai luoghi della vita quotidiana di adolescenti e ragazzi.
Di salute mentale dei giovani si sta occupando sempre più di frequente anche la Commissione Europea. Lo scorso giugno, nell’ambito del programma di Dialogo strutturato Voices of Culture, la CE ha rivolto alle organizzazioni artistiche e culturali un invito a incontrarsi e a produrre le proprie riflessioni sul contributo della cultura al miglioramento della salute e del benessere mentale dei giovani.
Al centro di questo bando 2022 di Voices of Culture c’è la consapevolezza che arte e cultura fanno già molto per la salute mentale dei giovani, e possono fare ancora di più, anche per dare sollievo ai sistemi di assistenza e servizio sociosanitario duramente provati dalla pandemia. Perché questo avvenga, occorre però passare da un approccio frammentato, spesso incostante e disomogeneo, a pratiche condivise e a una visione di sistema.
Al bando su “Giovani, salute mentale e cultura” hanno risposto 86 organizzazioni, da 21 Paesi. La maggior parte (61) sono organizzazioni del settore culturale. che lavorano nella musica, nell’editoria e nella letteratura, nelle arti dello spettacolo (teatro, danza, ecc.), in quelle visive, nei musei, nei settori dei video e dei media, nel circo, ecc. Hanno risposto anche 13 organizzazioni sanitarie e 12 dal settore dell’istruzione.
Sono stati selezionati 55 partecipanti, in base alla rilevanza, alla solidità, alla dimensione e ai metodi utilizzati dalle loro organizzazioni in precedenti esperienze. Per due mesi, i 55 selezionati si sono impegnati nello scambio e nel confronto delle pratiche.
Tra i tanti, riportiamo qui due progetti, che si sono rivelati efficaci nel trattare, attraverso l’utilizzo dell’arte e della cultura, il problema della vulnerabilità mentale per i ragazzi, lavorando, sia alla loro capacitazione, sia alla riduzione dello stigma e alla sensibilizzazione di un pubblico sempre più vasto.
Il primo, “Quacky (Queer Arts Group)”, nel Regno Unito, si rivolge a giovani tra i 12 e i 18 anni appartenenti alla comunità LGBTQ+ (Lesbian, Gay, Binary, Trans, Queer, plus). Attraverso la preparazione di uno spettacolo teatrale basato su storie personali di persone LGBTQ+, i partecipanti hanno modo di lavorare su loro stessi, sentirsi parte di una comunità e dare un senso alla loro vita. Con la messa in scena davanti al pubblico, poi, la vergogna lascia spazio al senso di orgoglio. La recitazione consente ai partecipanti di valorizzare ciò che li rende “differenti”, dando loro il coraggio di non nascondersi più, ma anzi di diventare protagonisti delle loro storie.
Il secondo progetto, “CSÁO!” si rivolge a giovani tra i 10 e i 18 anni che vivono in comunità con un passato e un vissuto molto complesso. In questo caso, la recitazione e la musica permettono ai ragazzi di poter riscrivere la loro storia interpretando altri personaggi e immaginando scenari diversi, con il costante supporto di operatori specializzati in salute mentale, in maniera tale da garantire uno spazio protetto in cui potersi esprimere liberamente. Dagli incontri scaturiscono prodotti come cortometraggi, videoclip, testi rap, che vengono poi resi fruibili al grande pubblico tramite le pagine social media del progetto e alcuni festival.
I rappresentanti delle organizzazioni culturali che hanno lavorato per Voices of Culture sono stati invitati a interrogarsi sulla disponibilità e la qualità delle evidenze sull’efficacia delle attività artistiche e culturali per la salute mentale dei giovani, sulla necessità di azioni intersettoriali, che coinvolgano il mondo della salute e dell’educazione, su quali siano i fattori chiave di successo e i campi di applicazione più congeniali. L’8 dicembre 2022, a Bruxelles, è stata presentata così una prima proposta di raccomandazioni ai rappresentanti della Commissione Europea.
Le raccomandazioni che sono state elaborate ruotano intorno al concetto di intervento globale. Dalla definizione della salute mentale dell’OMS discende che gli interventi in questo campo devono essere multisettoriali e multidimensionali. Ciò richiede che il lavoro preveda un’integrazione sociosanitaria fattiva, che includa anche luoghi, operatori e programmi artistici e culturali. È ormai dimostrato che il coinvolgimento dei giovani in percorsi creativi nei quali sono impegnate anche le istituzioni culturali è uno strumento efficace di prevenzione; inoltre, esso facilita il raggiungimento di uno stato di benessere psicofisico. D’altra parte, l’arte e la cultura vedrebbero finalmente riconosciuto il loro vero valore e non potrebbero più essere viste come accessori estetici, come tali sacrificabili in tempi di contrazione della spesa pubblica. Al contrario, esse sono strumenti che possono essere messi al servizio delle persone, contribuendo in modo sostanziale al miglioramento della qualità della vita. Ovviamente, questi obiettivi sono tanto più facilmente raggiungibili quanto più si riesce a realizzare una sinergia tra professionisti afferenti a campi disciplinari diversi (medicina, antropologia, arte, cultura, psicologia, sociologia, scienze sociali) che possono collaborare tra loro e realizzare interventi veramente efficaci in termini di inclusione sociale, prevenzione, empowerment, strategie pwe fare fronte al proprio malessere.
Un altro pilastro su cui poggiano le raccomandazioni di Voices of Culture è la concertazione. I giovani devono essere visti non come i destinatari inerti delle azioni, ma come i loro protagonisti. Devono essere messi nella condizione di co-progettare e di poter dare il loro contributo. Rendere protagonisti i giovani, soprattutto coloro che vivono in condizioni di vulnerabilità ed emarginazione e che devono convivere con uno stigma sociale, anche nel processo decisionale consente loro di esercitare un diritto fondamentale per la propria vita.
I progetti che sono riusciti ad integrare il mondo dell’assistenza sociale e medica con quello dell’arte e della cultura vanno condivisi e resi sempre più accessibili. La condivisione permette di imparare da ciò che è stato già fatto, di poterlo implementare, modificare, migliorare, e soprattutto replicare. Occorre però assicurare a queste iniziative, spesso intermittenti a causa di finanziamenti a singhiozzo e a progetto, la continuità nel tempo così da trasformarle in servizi a tutti gli effetti. In questo modo si potrebbe garantire la presa in carico delle persone con maggiore sicurezza, facendo crescere i progetti migliori sulla base dell’esperienza maturata nel corso del tempo.
Tratto da ‘Menabò’, 18 dicembre 2022, numero 184/2022.
Eticaeconomia
Di Annalisa Cicerchia, economista della cultura, primo ricercatore Istat, vice presidente Cultural Welfare Center; Martina Caroleo, assistente sociale dell’Ordine del Lazio, collaboratrice area Ricerca Cultural Welfare Center