Marcello Donati, il medico che contribuì alla cultura europea nel Cinquecento

Il mantovano fu anche botanico, latinista, poeta, uomo di stato. Nel suo ‘De medica historia’ contestò coloro che, opponendosi alla dissezione dei cadaveri, impedivano la ricerca delle cause delle malattie

Ingiustamente Marcello Donati (Mantova 1538-1602) è stato talvolta ricordato solo per la “prova di matrimonio” cui si sottopose Vincenzo I Gonzaga o per le inutili diatribe circa la sua patria d’origine, se fosse cioè nato a Mantova o a Correggio. Non si intende però rivisitare la già nota biografia, ma si vuole porre in risalto la sua figura di studioso eclettico: fu medico, botanico, letterato oltre che precettore e segretario del principe Vincenzo Gonzaga.

La padronanza delle lingue, delle lettere e della storia antiche gli permise di scrivere Scholia sive delucidationes eruditissimae in Latinos plerosque romanae historiae scriptores, opera con cui contribuì alla corretta interpretazione di passi di autori quali Tito Livio, Svetonio, Tacito. Donati, ammesso non ancora ventiquattrenne all’Accademia degli Invaghiti ne fu rettore dal 1576 al 1599. In quella sede lesse poesie e scritti suoi su vari argomenti. Iniziò gli studi di medicina a Mantova avendo come maestro Francesco Facini, medico del duca Guglielmo, laureandosi a Padova nel 1560, ateneo a quell’epoca protagonista della cosiddetta “rivoluzione scientifica”, grazie alla quale originò la visione razionale e scientifica del mondo caratterizzante la mentalità moderna.

È noto soprattutto per tre opere di argomento medico. La prima, De variolis et morbillis tractatus, fu scritta in occasione di un’epidemia che colpì il territorio mantovano nel 1567. La prima edizione del 1569 fu stampata a Mantova dai fratelli Filiponi; lo stampatore ducale Francesco Osanna curò altre due edizioni nel 1591 e nel 1597. Si tratta di un libro di circa 200 pagine, a detta dello stesso autore, mai concepito da altri. Nei 30 capitoli in cui suddivise l’opera Donati esaminò gli aspetti clinici noti e meno noti degli esantemi, del loro trattamento, delle loro cause attribuendoli all’infezione dell’aria.

Donati fu anche botanico: la ricerca delle virtù terapeutiche di molti vegetali lo indusse a scrivere De radice purgante quam Mechioacan vocant, pubblicato in appendice al precedente. L’operetta di 24 pagine, soffermandosi sulle proprietà farmacologiche, soprattutto lassative, della radice mechioacana, vale a dire della gialappa, ebbe un certo successo poiché fu tradotta in lingua francese da P. Tolot e pubblicata a Lione da Verdier nel 1572.

La sua opera più nota è però De Medica historia mirabili: la prima edizione in sei libri fu stampata a Mantova nel 1586 e, data la risonanza che ebbe a quell’epoca, altre edizioni furono stampate a Venezia nel 1588 e nel 1597 e a Francoforte nel 1613 e nel 1664. Il trattato riveste un ruolo rilevante nella storia della medicina per le numerose descrizioni di casi clinici, le citazioni di autori antichi e moderni e le notizie circa la pratica medica del suo tempo.

Con passione si dedicò inoltre allo studio dell’anatomia eseguendo numerose autopsie: nel suo De medica historia contestò coloro che, opponendosi alla dissezione dei cadaveri, impedivano la ricerca delle cause delle malattie recando “offesa a Dio, a se stessi e all’umanità intera”.

Donati nonostante la fama raggiunta nella sua epoca venne in seguito trascurato dalla letteratura storico-medica internazionale. Il solo De Renzi, nel XIX secolo, seppe cogliere l’importanza della sua opera così esprimendosi: “Concepì il generoso proponimento di raccogliere tutt’ i fatti di maggiore Importanza, i quali potevano aprire la mente a migliori metodi, svegliare il gusto della osservazione, inspirare la vergogna della servilità, e far nascere il desiderio di esaminare e di vedere”.

Finalmente nel 1989 un articolo di una rivista dermatologica internazionale rendeva giustizia al Donati riconoscendogli il merito di aver riferito per primo su di un caso di quella sindrome che impropriamente sarebbe stata  in seguito etichettata come “edema di Quinke” dal nome del medico tedesco  che nel 1882 ne fornì una descrizione (la denominazione corrente più utilizzata è Sindrome orticaria-angioedema o Soa) : “At mirandum magis illustris comitis cuiusdam puerum cui si ova comedenda propinabantur statim ac deglutisset labia tumescebant, et facies purpureis, nigrisque, maculis conspergebatur”.

Questa la prima descrizione di Sindrome orticaria-angioedema. Se il giovane nobile mangiava delle uova, quasi all’istante le labbra si gonfiavano e il volto si cospargeva di macule rossastre. Donati descrisse questo caso nel De Medica historia mirabili, opera che meriterebbe maggior considerazione storica poiché comprende anche la prima descrizione  di ulcera gastrica in cadavere.

L’apporto scientifico di Marcello Donati è stato anche rilevato da Claudio Grandi durante i lavori di un convegno nel 2012. Coerente con il gusto dell’epoca per la ricerca dei reperti destanti meraviglia e stupore, ordinò nella sua casa, situata in contrada del Leone Vermiglio (l’attuale Corso vittorio Emanuele, circa in corrispondenza della Chiesa di Sant’Orsola), un museo eclettico in cui raccolse iscrizioni marmoree dell’antica Roma, monete, libri, preparazioni anatomiche. Tale raccolta andò purtroppo per la maggior parte dispersa nonostante nel testamento avesse lasciato indicazioni precise circa la sua destinazione. La ricca collezione di busti e statue antiche fu trasferita dapprima nel museo della Reale Accademia di Mantova, successivamente in quello di sculture del Palazzo Ducale.   Parte delle iscrizioni marmoree è possibile   sia stata sepolta nelle fondamenta della Chiesa   di Sant’Orsola.Trasformò inoltre il suo giardino in un orto botanico di cui è rimasto solo il basamento di una fontana, conservato in palazzo ducale.

Alla sua morte il cugino ed erede Federigo fece erigere in San Francesco un monumento funebre andato distrutto durante il bombardamento del 1945: “Un Mausoleo ci conserva le ceneri del grand’uomo, ma la parte migliore, e più nobile di lui a noi rimane nella memoria de’ suoi beneficj, nelle sublimi dottrine delle opere sue”. Con queste solenni parole si concludeva l’Elogio del Cavaliere Conte Commendatore Marcello Donati Mantovano recitato nell’Aula dell’istituto regio Liceo Provinciale di Mantova il giorno 22 novembre 1816 in occasione del solenne riaprimento degli studi dal signor Professore Luigi Configliachi, a testimoniare l’importanza che il medico rivestì nella cultura europea del secolo XVI.

 

Di Andrea Zanca, direttore struttura Dermatologia ASST Mantova, membro Accademia Nazionale Virgiliana


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