Ospedale di Ostiglia, una storia che inizia nel 1301

Il documento più antico che lo cita è il testamento di Alberto della Scala. Nel 1842 edificata una nuova struttura

 A causa della sua posizione a cavallo di importanti vie di comunicazione stradali e fluviali, Ostiglia ebbe da sempre un ospitale per infermi e pellegrini di passaggio. I documenti più antichi citano un ospedale di Ostiglia nel 1301 (testamento di Alberto della Scala) e nel 1420 (G. Francesco Gonzaga). Una relazione di visita del vescovo di Verona del 1455 ne dà un’ampia descrizione.

In quel periodo l’ospedale era appena stato ricostruito, grazie al contributo degli stessi cittadini di Ostiglia. Era situato nella contrada detta di Roccabianca, sulla strada per Verona e a ridosso della Fossa Navigabile che metteva in comunicazione il Po con l’Adige (da un lato) e Ostiglia con Milano (dall’altro). L’edificio, rappresentato sul Libro Primo delle Case del 1712, era a due piani, con un importante cappella dedicata ai santi protettori Pietro e Antonio abate, aveva un portico a quattro arcate e, sul tetto, un campanile a vela. Era dotato di dieci letti distribuiti nei locali al pianterreno e al primo piano. Aveva anche un ricco patrimonio, amministrato da un comitato di cittadini di Ostiglia insieme con il parroco e il podestà.

Successive relazioni di visita dei vescovi veronesi testimoniano che l’ospedale rimase sempre in attività, anche se nel 1635 il vescovo Giustiniani trova che, a causa dell’invasione dei lanzichenecchi del 1630, il monte di pietà e l’ospedale risultano “abbruggiati”. Nei decenni successivi l’ospedale, pur riducendo i ricoveri e il numero dei posti letto, continuò ad esercitare le sue funzioni, ma alla fine del Settecento dimostrava chiaramente la sua inadeguatezza ai tempi che stavano cambiando.

Superate le crisi politiche dei cambiamenti di regime le novità arrivarono nel 1842, quando fu possibile edificare un ospedale tutto nuovo, grazie ad una grossa eredità lasciata dal farmacista Anselmo Favagrossa e ad una benefattrice (M. Maddalena Gobio Martani), che donò il terreno necessario. Il 6 aprile 1842 fu posata la prima pietra e due anni dopo, fu inaugurato il nuovo ospedale che, come segno di continuità con il passato, mantenne l’intitolazione ai SS. Pietro e Antonio. Il nuovo edificio era suddiviso su due piani e disponeva di otto stanze di ricovero che potevano accogliere fino a 37 letti. Nel 1866 Ostiglia fu annessa al Regno d’ Italia e l’ ospedale fu amministrato secondo i regolamenti e l’organizzazione propria dello stato italiano.

Con il nuovo secolo si ebbe un primo ampliamento dell’ ospedale. Nel 1914 fu costruito un nuovo padiglione che ospitava i reparti di medicina e chirurgia, il laboratorio e la radiologia. Un ulteriore padiglione fu edificato nel 1959 per ampliare i reparti esistenti. Prima della riforma sanitaria del 1980 l’ospedale era dotato di 65 posti letto per la medicina interna, altrettanti per la chirurgia e 35 per ostetricia e ginecologia, oltre ai servizi di laboratorio, radiologia e anestesia.

Con l’istituzione delle USL le autorità sanitarie ritennero che un unico moderno ospedale, collocato al centro del territorio da servire sarebbe stato più efficace dei tanti piccoli ospedali sparsi tra Ostiglia, Quistello, Sermide e Poggio Rusco. Fu così che nel 1977 l’antichissimo ospedale dei SS. Pietro e Antonio abate fu chiuso e passò il testimone al nuovo ospedale Destra Secchia di Pieve di Coriano*.

Nella foto l’ospedale di S.Pietro e S.Antonio. Dal Libro primo delle case (1712 circa). Archivio storico del Comune di Ostiglia.

* Fonte: Raffaele Ghirardi, Antichi ospedali nel destra Secchia, Mantova, 2018


Gilberto Roccabianca è uno storico locale. È stato dirigente negli ospedali di Verona e di Mantova. Appassionato di storia della sanità mantovana, pubblica sul nostro magazine dal 2012.

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