Recovery plan, l’infermiere al centro e un potenziamento dell’assistenza domiciliare

Servono iniziative legislative coraggiose che disegnino un’assistenza basata sul ruolo del professionista e non sulle prestazioni

La pandemia da COVID-19 ha reso evidenti alcuni aspetti critici di natura strutturale del sistema sanitario. Soprattutto in questi mesi, sono emerse molteplici situazioni di inadeguata integrazione tra servizi ospedalieri, territoriali e sociali.

Per rendere più efficienza al sistema salute la risposta migliorativa che il Recovery plan propone è quello di stanziare (come recita nella Missione 6 “Salute”) “oltre 20 miliardi a disposizione, tramite gli investimenti e le riforme per le criticità esistenti, allineando i servizi ai bisogni di cura dei pazienti, migliorando le dotazioni infrastrutturali e tecnologiche e promuovendo la ricerca e l’innovazione”.

Anche la precedente Missione 5 del Piano si propone di “realizzare una riforma della normativa sulle disabilità al fine di promuovere l’autonomia delle persone con disabilità. La riforma prevede il rafforzamento e la qualificazione dell’offerta di servizi sociali da parte degli Ambiti territoriali, la semplificazione dell’accesso ai servizi socio-sanitari, la revisione delle procedure per l’accertamento delle disabilità e la promozione di progetti di vita indipendente e sistema degli interventi in favore degli anziani non autosufficienti”.

Tali provvedimenti saranno adottati entro la primavera del 2023 e saranno finalizzati all’individuazione di nuovi Livelli Essenziali delle Prestazioni per gli anziani non autosufficienti. Sintetizzando, i punti cardine dei provvedimenti saranno: semplificazione dell’accesso sociosanitario, definizione di progetti di cura e assistenza individualizzati che favoriscano la permanenza a domicilio dei pazienti, informatizzazione condivisa dei dati socio sanitari con l’utilizzo di tecnologie innovative e la diagnostica di prossimità.

Il Recovery Plan parla quindi in maniera esplicita del potenziamento dell’assistenza domiciliare socio sanitaria che non dovrà a nostro avviso ridursi ad una “revisione di facciata” dell’attuale Assistenza Domiciliare Integrata che ha avuto e ha il suo limite nella logica prestazionale adottata sia per l’organizzazione del servizio che per la sua settorialità che non gli permette, a discapito del nome , di essere “integrato” con altre strutture sia territoriali che ospedaliere. Nell’era dell’informatizzazione dei dati il sistema di prestazioni dell’assistenza domiciliare integrata fatica a dialogare con gli altri sistemi, ad esempio con i medici di medicina generale.

Per noi infermieri è quindi necessario un cambio di passo che veda il ruolo della nostra professione strutturato in spazi e luoghi di cura e di assistenza riconoscibili e connessi alla rete (soprattutto informatica) dei servizi socio sanitari del territorio, in grado di fornire attività di natura preventiva, curativa assistenziale e di educazione sanitaria.

Luoghi in cui personale infermieristico con adeguata esperienza e qualificazione, incontra la popolazione del territorio e attraverso la presa in carico, l’individuazione dei bisogni e la definizione del piano assistenziale garantisce attività e servizi che migliori il bene salute, promuovendo l’utilizzo corretto e appropriato delle strutture socio sanitarie.

Come dice il Censis nella sua relazione sulla fiducia dei cittadini riguardante gli infermieri, “l’84,7 per cento degli italiani si fida degli infermieri. La fiducia resta molto alta trasversalmente ai diversi gruppi sociali e ai territori. Si fidano dell’infermiere l’84,1 per cento dei residenti del Nord-Ovest, l’87,3 per cento al Nord-Est, l’85,6 per cento nelle regioni del Centro e l’83,3 per cento nel Sud. Particolarmente alta è la fiducia tra le persone anziane (90,1 per cento) ma il problema è che “la domanda di infermieri è alta e crescente nel tempo, oggi però non ci sono abbastanza professionisti sul territorio per effettuare gli interventi a domicilio e per fornire prestazioni di continuità assistenziale.

Questa potrebbe quindi essere l’occasione per alzare la quantità e la qualità dell’offerta del Servizio Sanitario varando norme che siano all’altezza delle aspettative dei cittadini, e che sempre più corrispondano al documento Health 21 dell’OMS, che accolga la ricchezza che già oggi l’infermieristica esprime sul territorio nazionale e, soprattutto, che migliori la capacità di risposta ai bisogni dei pazienti.

Inoltre, verrebbe finalmente recepito il profilo professionale dell’infermiere (DM 739/94) che ha ormai 27 anni ma paradossalmente è ancora largamente da attuare nell’infermieristica di famiglia e di comunità.

Il DM 739/94 definisce le principali funzioni dell’infermiere “ la prevenzione delle malattie, l’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l’educazione sanitaria” e queste funzioni si declinano in un ruolo in cui l’infermiere (e quindi anche l’infermiere di famiglia e di comunità) “partecipa all’identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività; identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i relativi obiettivi; pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale infermieristico; garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche; agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali”.

Insomma il ruolo dell’infermiere e anche dell’infermiere di famiglia e di comunità è già disegnato da una legge dello Stato, il DM 739/94, è già normato anche in alcune Regioni italiane e in alcuni paesi europei.

I legislatori e gli stanziamenti europei hanno l’occasione e gli strumenti per varare iniziative normative coraggiose e più complete dove trovi spazio un’assistenza infermieristica basata sul ruolo e non su alcune prestazioni così che non sia più il paziente a rincorrere i servizi e i professionisti ma siano il Sistema Sanitario Nazionale e Regionale che si fanno incontro al paziente assistendolo nella ricerca delle risposte ai suoi bisogni assistenziali.

Andrea Guandalini, presidente Ordine delle professioni infermieristiche Mantova

 

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