Cure integrate per i malati oncologici anziani

La valutazione geriatrica multidimensionale ricorre a competenze multidisciplinari per creare approcci personalizzati. Oltre la metà dei tumori diagnosticati dopo i 70 anni

Il cancro rappresenta la causa principale di morte in uomini e donne di età compresa da 60 e 79 anni. Più del 50 per cento del totale dei tumori viene diagnosticato in soggetti con più di 70 anni. Il paziente anziano oncologico è particolarmente esposto a rischio di insorgenza di reazioni avverse, sia per i pluritrattamenti farmacologici, sia per la ridotta funzionalità di organi e apparati.

La valutazione geriatrica multidimensionale è stata sviluppata appositamente, in clinica geriatrica, per pianificare l’assistenza socio-sanitaria, integrando informazioni che possono condizionare lo stato di salute del soggetto anziano, la scelta terapeutica del medico oncologo e il percorso di cura.

Gli ambulatori di oncologia geriatrica si caratterizzano per l’integrazione di competenze multidisciplinari (oncologo, geriatra o internista di riferimento, chirurgo, radioterapista, psicologo, nutrizionista, fisiatra, caregiver o assistente sociale, medico di medicina generale) che indirizzano le diverse tipologie di pazienti (fit, unfit e fragili) ai rispettivi percorsi di cura. Le cure palliative precoci sono anch’esse una realtà ben consolidata per il paziente oncologico, poiché permettono di migliorare la qualità e “quantità” di vita attraverso la gestione dei bisogni fisici, psicologici e spirituali del paziente.

Per i pazienti anziani, soprattutto quelli valutati come unfit e fragili, diviene indispensabile tale integrazione per definire un percorso diagnostico-terapeutico personalizzato e il setting di cura più adeguato. Gli obiettivi di una valutazione geriatrica multidimensionale sono svariati: descrivere i percorsi diagnostici-terapeutici personalizzati per il paziente oncologico anziano; evidenziare potenziali rischi di overtreatment (tossicità da chemioterapia, accessi in Pronto Soccorso o ricoveri per tossicità, peggioramento della qualità di vita, danni d’organo da trattamento, decessi in ospedale, somministrazione di chemioterapie nell’ultimo mese di vita, mancanza di attivazione di cure palliative entro gli ultimi tre mesi di vita); registrare potenziali rischi di undertreatment (peggioramento della qualità di vita da avanzamento della neoplasia, mancanza di attivazione di interventi preventivi, disagio e dubbio del caregiver sulle possibilità di cura); erificare la continuità di assistenza al paziente attraverso l’integrazione precoce delle cure palliative.

Wanda Liguigli, medico struttura Oncologia ASST Mantova

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