Torna il premio Terra di Virgilio, con una sezione dedicata alle persone che vivono in strutture protette
Il Premio di Poesia Terra di Virgilio si misura nel dialogo tra i poeti che si trovano a vivere una condizione che li pone dentro o fuori le mura di una struttura protetta. Il linguaggio poetico la capacità di sgorgare da diverse sorgenti collocate sulla superficie terrestre, le condizioni libere o recluse non limitano la forza della parola che risulta essere centrale alla fonte della conoscenza umana.
La sezione del Premio denominata Ozio degli attivi, è riservata a persone che vivono in strutture protette, pertanto parliamo di una poesia che ci conduce dentro i luoghi del disagio alla ricerca di occasioni di reazione o di ristoro. Durante i sette anni del Premio, molte sono state le sollecitazioni che ci hanno mostrato gli ospiti che abitano questi luoghi caratterizzati dalla distanza e dall’attesa.
Abbiamo incontrato più volte il tema dell’attesa nelle persone che scontano una condanna per aver commesso un reato, l’abbiamo sentita in coloro che vivono uno stato di emarginazione sociale a causa di una difficoltà momentanea, abbiamo ascoltato la pena di chi, a causa di un’infermità, anela al miglioramento. Sono testimonianze che rappresentano l’attesa di un nuovo giorno che forse sarà propizio. L’attesa di chi osserva e di chi aspetta potrebbe essere vana, inutile, anacronistica; oppure necessaria, fertile, riparativa.
Il tempo dell’attesa è vivido e lucente anche nelle frenesie dei giorni della fretta e dell’impazienza. Le tematiche relative al tempo si associano a quelle che afferiscono alla distanza. Il tempo di chi attende e di chi è atteso può diventare il luogo della scoperta, il ritrovamento di un sentiero emotivo inesplorato: “L’attesa attenua le passioni mediocri e aumenta quelle più grandi”. Tutti noi possiamo, attraverso la sosta, cercare di strutturare il mondo esterno e quello interno e la relazione che intercorre tra questi due universi. L’attesa che ci separa da qualcosa o qualcuno, può essere invasiva, evocativa. Viviamo le nostre distanze, le nostre assenze, quello che non siamo riusciti a fare, a vedere, a realizzare. Senza attesa non c’è lo spazio della riflessione, della valutazione intorno a ciò che ancora non è, o a ciò che più non sarà.
Le emozioni e i desideri occupano lo spazio dell’attesa, ordiscono una tensione rappresentativa riferita al presente, al passato e al futuro. Il tempo dell’attesa indaga altresì il vuoto e il nulla che abitano e invadono le nostre esistenze. Mai come oggi sentiamo il tempo dell’attesa dentro la dimensione dell’isolamento e della lontananza necessaria, precauzionale, preventiva, forse più di sempre possiamo capire la solitudine dentro le carceri, nelle istituzioni psichiatriche, nelle residenze per anziani.
Le parole che arrivano da queste vite separate possano diventare per noi racconti di formazione, valori esistenziali, fondamenti di conoscenza, esperienza, crescita personale. Nelle circostanze del dolore si verifica la nascita e la crescita del pensiero che si esprime mediante il linguaggio poetico, un’azione di trasformazione che recupera la prossimità con le persone, che riunisce, che abbatte la fuga dal mondo, che smorza l’attesa frustrante.
La poesia diventa dono della natura umana che sceglie di abitare i luoghi della cultura, le stanze dell’anima, come forza ristrutturatrice dell’esistenza. Uno strumento di dialogo che arricchisce chi scrive e chi legge la parola poetica. L’attività narrativa, dice James Hillman, si appoggia “alla base poetica della mente” che si esprime in modo originario nelle immagini, libere dagli obblighi del contesto lineare della sequenzialità. La poesia sa creare contrasti, accelerare, volare attraverso lo spazio e il tempo, fermarsi a riflettere e ricordare. Queste sono le parole che si incontrano, liberamente, ogni anno nell’Antologia del Premio di Poesia Terra di Virgilio, voci che esprimono pensieri di autori diversi, uniti in un’unica rapsodia della parola.
Carla Villagrossi, Associazione ‘La Corte dei Poeti’