Vivevamo un tempo senza tempo, di corsa e trafelato, fatto di giorni che rotolavano via uno dopo l’altro, senza memoria, lasciandoci sfiniti e incompiuti.
A fine inverno, quando l’aria ancora fredda già si illudeva di primavera, arrivò una bufera furiosa e cieca da Oriente, malata da un virus con un nome degno di una fiaba terrificante, quelle che da piccoli ci facevano tirar su le coperte fino alle orecchie.
Soffocò aria e vite, alitò morte, rubò ogni nostra effimera certezza.
Chiusi in casa per non ammalarci, restammo nel nostro piccolo mondo lasciando quello vasto, rutilante e minaccioso fuori dalla porta.
E scoprimmo un nuovo tempo pieno di tempo, che ci rendeva confusi e isolati, non abituati a questo fermo immagine, noi così viziati da abitudini e riti collettivi.
Cento milioni di neuroni nel cervello, tanti quante le stelle di una galassia, non riuscivano a farci comprendere che questo tempo pieno e immoto, era tutto ciò che avevamo…il tempo del pensare, del sentire, del parlare senza occhi frettolosi.
C’è un silenzio nuovo fuori, di canti di uccelli e brezza leggera. L’inverno sta scivolando cautamente verso una primavera che osserviamo dalla finestra. L’aria finalmente lavata e pulita ha lucidato i fiori sui balconi; noi viviamo e aspettiamo, fra speranze e sogni stanchi di paura.
Una mattina ci sveglieremo e lo spazio che ci ha protetto si sgranerà, i nostri respiri increduli torneranno a confondersi, sorrideremo di nuovo ma avremo una ruga in più non intorno agli occhi, che quelle sono le rughe del cuore allegro, ma fra le sopracciglia, la traccia indelebile della nostra fragilità.
Torneremo a baciarci ed abbracciarci ma, un attimo prima, un lampo di gratitudine attraverserà i nostri occhi, perché mai, mai scorderemo quella bufera furiosa e cieca di fine inverno.
Monica Ravelli
I racconti riportati nella sezione “In punta di penna” sono stati scritti da un gruppo di autori appartenenti al Centro Bella Penna curato da Nora de Giacomo.