Ho paura di quello che accadrà, ma non mi sento solo qui con voi

Il paziente è ricoverato nel nostro reparto da alcuni giorni, ha più di 85 e vive da solo (è celibe). Ha una patologia oncologica che finora ha curato rimanendo a casa propria, con l’ aiuto di una cugina, suo car giver di riferimento. È stato ricoverato nel nostro reparto dopo essersi recato in Pronto Soccorso per un dolore non controllato e progressiva cachessia; all’ingresso era discretamente autonomo, ma in questi giorni si è allettato a causa di un progressivo peggioramento clinico.

Ci chiama spesso, talvolta anche solo per ringraziarci per il cibo che ha consumato o per scambiare due parole: è sempre molto gentile e spesso esprime di essere soddisfatto dell’assistenza che offriamo. Sono quasi al termine del mio turno del mattino, mi chiama e chiede di abbassare la tapparella della sua stanza: poi mi tende la sua mano sinistra e mi dice : “Vieni un attimo qui, per favore!”.

Intuisco che ha bisogno della mia attenzione e di tranquillità: decido di prendere una sedia e mettermi vicino a lui, tenendo la sua mano tra le mie. Mi chiede: “Come mi vedi?”. Io rispondo domandando: “Come si sente?”. Lui: “Sento che le forze mi stanno lasciando, giorno dopo giorno, me ne sto andando, si sta avvicinando la morte”. Seguono alcuni istanti di silenzio, mi guarda intensamente e io istintivamente gli accarezzo delicatamente la sua mano. Gli chiedo se ha paura e come si sente pensando a questa sua situazione. Mi risponde: “Ho molta paura, perché non so bene cosa mi aspetta; non sono credente, ma la morte rimane per me una grande incognita. Ma sono anche sereno, perché non mi sento solo, qui con voi e, se ho bisogno di qualcosa, mia cugina provvede”.

Gli domando se ha necessità di sbrigare questioni burocratiche o desideri salutare qualche persona in particolare e lui mi rispondere di aver sistemato tutte le sue faccende. Allora chiedo: “Posso fare qualcosa per aiutarla?”. Lui: “Se mi sentirò molto agitato, per favore datemi qualche tranquillante in più!”. Lo rassicuro, dicendo che sarà nostra cura controllare i sintomi che si presenteranno con farmaci adeguati. Il paziente mi regala un sorriso, mi stringe la mano e dice: “Grazie per le tue risposte, ora sono più tranquillo e posso riposare. Ora vai pure, se ci sono, ci vediamo domani!”.
Clara Nalin, operatore socio sanitario

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