L’approccio del Dipartimento di Salute Mentale, tra le difficoltà legate alla lingua e alla cultura dei pazienti immigrati.
Si punta a fare rete con le istituzioni, il volontariato e i cittadini
di Piero Antonio Magnani
Direttore struttura Psichiatria Mantova 1 ASST Mantova
Anche l’ASST mette in campo l’approccio dell’etnopsichiatria per far fronte alle esigenze dei pazienti stranieri. Un mondo complesso, che richiede strategie mirate e fa leva sull’integrazione a livello territoriale. Nel 2018, il Dipartimento di Salute Mentale – tra Cps, Spdc, Serd e Neuropsichiatria Infantile – ha chiesto l’intervento dei mediatori culturali messi a disposizione dall’azienda in 72 casi su 275, pari al 26 per cento delle mediazioni totali. La maggioranza delle richieste hanno riguardato la lingua punjaby, seguito dall’inglese, dal cinese, dall’arabo e dal pakistano.
A questi interventi si devono aggiungere quelli approntati dall’assessorato al Welfare del Comune di Mantova, sempre molto collaborativo. Secondo i dati Istat, nel 2018 la popolazione straniera in provincia di Mantova è arrivata a quota 40.904, registrando un aumento del 26 per cento rispetto al 2008. L’Asst ha attivato dal 2016 anche un servizio di interpretariato telefonico 24 ore su 24 in oltre cento lingue, compresi molti dialetti.
Lingua e culture diverse, unite a frammentazione ulteriori nell’ambito della stessa etnia, non rappresentano l’unico ostacolo nella gestione dei pazienti stranieri in area psichiatrica. È spesso difficile stabilire un percorso continuativo di presa in carico, poiché mancano sul territorio riferimenti di tipo istituzionale e relazionale a supporto della persona. Chi soffre patologie psicotiche viene spesso emarginato dalla sua comunità. Entra allora in gioco la micro-équipe che cerca di mettere a disposizione un letto in Spdc o in una struttura riabilitativa.
Risulta anche faticosa la diagnosi, allorché certi comportamenti potrebbero essere legati a credenze tipiche dell’etnia di origine. Inoltre, c’è una difficoltà nel fidarsi degli operatori, fatto comprensibile per chi ha intrapreso percorsi migratori come per chi ha subito trattamenti sanitari obbligatori. A volte, infine, la persona esprime il desiderio di rientrare nella sua terra di origine, ma ciò non è automatico.
Una delle soluzioni principali consiste nella collaborazione con le istituzioni pubbliche, private e non profit, che aiuta anche a superare la difficoltà ad interpretare e applicare concretamente la normativa. Di recente abbiamo improntato un tavolo tecnico con la prefettura per comprendere come gestire situazioni non ordinarie, perché le situazioni ordinarie vengono affrontate all’interno dei Cas (centri di accoglienza straordinaria) dove le cooperative possono contare su personale formato all’accoglienza e psicologi in grado di affrontare il disagio.
Nel tavolo con la prefettura, ASST, enti locali, forze dell’ordine e cooperative hanno preso accordi procedurali specifici per facilitare e migliorare la gestione dei pazienti. Come prima istanza si contatta il medico di medicina generale o lo psicologo, i quali eseguono una valutazione di massima. In caso di particolare complessità i servizi specialistici di psichiatria intervengono con due modalità: la prima prevede l’accompagnamento del paziente ai servizi territoriali con l’impegnativa del medico di medicina generale; per le urgenze, invece, la consulenza psichiatrica avviene in Pronto Soccorso ed è eventualmente affiancata da altre consulenze di carattere neurologico e internistico.
In situazioni di particolare gravità all’interno dei Cas o in aree urbane vengono richiesti interventi delle forze dell’ordine. Queste ultime possono decidere se interpellare le autorità sanitarie per procedere all’accertamento sanitario obbligatorio, che permette di accompagnare il paziente al pronto soccorso. In loco si valuterà se procedere al ricovero in Spdc – se il paziente ha una grave patologia psichiatrica – o in si opterà per una presa in carico da parte del Cps o scelte alternative.
Sul fronte della formazione stiamo cercando di collaborare con le cooperative e con Sol.Co Mantova al fine di creare percorsi condivisi e integrati. Quest’anno cercheremo poi di portare avanti un collegamento con il Niguarda di Milano, che ha attivato percorsi e posti letto dedicati all’etnopsichiatria, al fine di poter percorrere nuove strade terapeutico-riabilitative in un contesto di rete dove non solo la psichiatria, ma anche gli enti locali, la cittadinanza, i servizi di volontariato si possano occupare di queste problematiche.