Gravidanza: rischio di incontinenza urinaria, ma si può guarire

La problematica si risolve spontaneamente in tanti casi. Per le neomamme a disposizione anche sedute riabilitative

di Paolo Zampriolo
Direttore struttura Ostetricia e Ginecologia Mantova ASST Mantova

 

L’incontinenza urinaria nel nostro paese colpisce 4-5 milioni di persone, soprattutto donne. Il sintomo aumenta come incidenza con l’età, ma è presente anche in giovane età. Il 10 per cento circa delle donne che affrontano la prima gravidanza, età media intorno ai 31 anni, ha già qualche problema di continenza prima di iniziare la gestazione. Circa un terzo di queste donne ha fughe di urina con gli sforzi, un terzo con urgenza e nelle restanti le due modalità di fuga si associano. L’incontinenza ha un impatto importante sulla qualità di vita e sulla percezione di benessere oltre che sulle relazioni con il partner. Durante la gravidanza il sintomo diventa molto più frequente e oltre la metà delle gestanti nel terzo trimestre ha difficoltà nel controllare la continenza. Questo dato è giustificato dall’aumento del volume dell’utero e dalle variazioni ormonali gravidiche.

La gravidanza, indipendentemente dalle modalità del parto, è un importante fattore di rischio. Il taglio cesareo è un elemento di protezione, soprattutto se elettivo, ovvero eseguito prima dell’inizio del travaglio. Nel 10 per cento delle donne che hanno partorito per via vaginale, nei primi giorni di puerperio, si presenta incontinenza urinaria più frequentemente da sforzo. In casi molto più rari il traumatismo del parto o l’uso dei farmaci impiegati induce invece una difficoltà nella minzione che per fortuna si risolve nel giro di pochissimo tempo con qualche semplice cateterismo. La difficoltà di trattenere i gas e le feci si presenta nell’1-2 per cento delle puerpere.

Quali sono le neomamme a rischio? Esistono fattori genetici per cui certe etnie (l’asiatica per esempio) sono più colpite, altri fattori prevenibili quali l’eccessivo peso ed eccessivo aumento di peso durante la gravidanza. Anche un travaglio difficile, con una fase espulsiva lunga, una lacerazione vagino–perineale importante così come un travaglio molto rapido e precipitoso sono fattori di rischio. Altro elemento allo studio è il peso del neonato. Certamente una buona assistenza ostetrica e una buona capacità di controllo dei muscoli perineali da parte della partoriente possono fare la differenza. L’episiotomia, sezione chirurgica eseguita poco prima della nascita del neonato per “allargare” lo iato e per favorire la fuoriuscita del neonato non sembra esercitare un effetto protettivo.

L’ASST da circa un anno ha introdotto la valutazione di un punteggio correlato al rischio. Un modulo che viene compilato con molta facilità dalla ostetrica all’atto della dimissione porta a identificare tale grado di rischio; se il punteggio è alto viene programmata una valutazione clinica di controllo a 30-40 giorni dalla dimissione. Nell’ambulatorio di uroginecologia il medico prende in carico la paziente qualora i sintomi siano ancora presenti. Il più delle volte, basta eseguire alcune sedute di riabilitazione pelviperineale e si giunge alla completa guarigione. Non bisogna avere fretta di iniziare il trattamento riabilitativo, perché nel giro di 3-4 mesi tante pazienti riacquistano la perfetta continenza e guariscono spontaneamente. La guarigione è giustificata da meccanismi di compenso degli equilibri pressori pelvici oltre che dalla completa regressione delle modificazioni indotte dalla gravidanza.

Un altro argomento controverso è la modalità di espletamento  del parto in una donna che già abbia manifestato dopo una precedente gravidanza il sintomo incontinenza. Il danno perineale si verifica soprattutto nel corso del primo parto e i parti successivi sono poco influenti sull’entità del problema. L’opzione taglio cesareo deve essere offerta a queste pazienti in cui c’è però spazio anche per un parto vaginale. In pratica la modalità del parto va discussa con la paziente mettendo sul piatto della bilancia i pro ed i contro delle due opzioni.

Vuoi approfondire l’argomento? Fai una domanda a Paolo Zampriolo nella rubrica Chiedi all’esperto.

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