Riceviamo e pubblichiamo tre poesie di Paolo Breviglieri, psicologo del Consultorio di Suzzara, cha affronta nei suoi versi il tema della relazione d’aiuto fra operatore sanitario e paziente, con il dolore e la speranza che si incontrano nel percorso di cura e guarigione.
Il mio mestiere
Smontare la catena dell’odio,
liberare dal cingolo del rancore,
allentare la cintura del risentimento
che all’altro ti lega
o alla tua ombra,
è stato solo questo
il mio mestiere,
il resto sono carte,
adempimenti
e futili sentenze
che incorniciano la vita
nel suo sorgere
o nel suo sparire,
altro non feci che meriti un ricordo,
altro non spesi che meriti un compenso,
altro non cercai che meriti fatica
e pentimento.
Trent’anni dopo e oltre
Trent’anni dopo e oltre
cos’ho capito
di questo mendico, meraviglioso,
mestiere mio?
Che tutte le teorie
non valgon un sorriso
e uno sguardo che dice
“ti ho capito”,
che le strategie più belle
non valgon un rigo
se tu non senti e dici
“tu vali”,
che ogni previsione e prognosi
è prigione di rassegnazione
se accanto a te non lotto
insieme fino in fondo,
trent’anni dopo e oltre
questo solo io ho capito
e può sembrar poco,
di questo fragile mestiere mio
sempre ferito
perché è cosa dura
a mani nude cercar la strada
per dare un’altra vita
a chi l’ha persa un po’
per scabra via.
Al cuore di tutto
Al cuore di tutto
il processo tortuoso dell’aiutare
vi è un movimento meraviglioso
con cui ti accosti all’altro
e piano entri nella sua dimora,
con riguardo esplori quelle stanze
e ti perdi con lui
per lunghi corridoi o bui antri,
respirando con lui i suoi dolori.
Al cuore di tutto
c’è guardare con meraviglia
ogni bellezza di vita
e di forza che lì vi scorgi,
ogni promessa di vita nuova che vi abita,
e su questa riversare l’aria fresca del giorno
che entrerà da una finestra
che insieme avrete dipinta
e spinta
e infine aperta.