Cammina e scrivi che ti passa: in montagna scarponi e taccuino curano il disagio

Laboratori espressivi per pazienti e operatori: “Vorrei imparare la trasparenza del lago per affrontare i problemi della vita”

Lo scroscio del torrente, il mormorio degli alberi. Il vento che apre i polmoni e la mente. La montagna parla a chi si lascia sorprendere. La montagna risana, aiuta a vivere quando le salite si fanno più ripide. E risveglia magari talenti sopiti. La scrittura, per esempio. Umberto Maiocchi, educatore professionale suzzarese del Centro Psicosociale di Casalmaggiore, ASST Cremona, lo ha scoperto prima su di sé per poi rivelarlo ai pazienti del servizio psichiatrico che accompagna da anni sui sentieri delle emozioni. Tutti pellegrini, diretti verso un tempio unico e speciale: la propria interiorità.

Il corpo può ritrovare nel cammino una perduta vitalità, recuperare elasticità e slancio, soprattutto dove trame esistenziali di sofferenza e disagio hanno determinato trascuratezza e abbandono”, spiega l’educatore. Che ha iniziato la sua attività di riabilitazione su e giù per le alture nel 1997. La montagnaterapia offre la cura dei passi, dei respiri profondi. Degli sguardi dilatati verso gli orizzonti nitidi, nell’aria che salendo si fa più rarefatta.

Non esiste pensiero tanto opprimente da non poter essere scacciato con una passeggiata”, sostiene Kierkegaard. La passeggiata si sedimenta e crea un solco più ampio nell’animo se si traduce in parola, aggiunge Maiocchi. Che a un certo punto del suo percorso professionale inizia a chiedere ai compagni di viaggio di portare nello zaino anche penna e taccuino per un’esperienza ancora più incisiva. In cima alla salita, del resto, può aspettarti una svolta. Purché tu ti arrenda alle forze della natura e a quelle altre, misteriose, che albergano dentro di te: “Dal 2015 ho integrato le due attività, proponendo laboratori di scrittura in cammino, dopo essermi formato con entusiasmo alla Libera Università dell’autobiografia di Anghiari. Un metodo utile per recuperare la memoria personale e collettiva, un’occasione di autoanalisi”.

Le ‘escursioni narrative’ sono rivolte anche a volontari Cai, medici, psicologi e altri operatori sanitari, che a loro volta possono guidare gruppi di montagnaterapia, soprattutto nell’ambito delle disabilità. Uscite di un giorno o di un week end, notti trascorse nei rifugi, lontani dal frastuono quotidiano. Ma più vicini alla propria essenza: “Gli obiettivi sono molteplici. Rinvigorire e risvegliare il corpo e i sensi, l’attenzione, il desiderio, tutti con una base scientifica, ricercati per altro anche dai filosofi del passato. Si punta inoltre a educare alla fatica e a radicarsi nel presente. Ho visto pazienti che erano chiusi in casa da tempo rifiorire”.

I pensieri impressi sulla carta conducono ancora più lontano: “Salvano un mondo che altrimenti andrebbe perso. Il materiale prodotto dai partecipanti è stato pubblicato in più occasioni su riviste specializzate. Invito le persone a stare a piedi nuda nell’acqua fredda, sul muschio. Mi è rimasto impresso un ragazzo con una balbuzie gravissima a cui è stato restituito il dono della fluidità nella comunicazione verbale”.

Così accade di confondersi con il paesaggio che si osserva. Di farne parte, come scrive Angelo: “Vorrei pescare dal lago il suo essere cristallino e la sua trasparenza nell’affrontare le questioni della vita”. O ancora: “Mio caro albero, il tuo essere dritto e senza rami rende difficile o quasi impossibile l’arrampicata. Mi piacciono le cose inaccessibili e alte, forse per questo ti ho scelto”. E Francesco gli fa eco: “Cara mamma, sto già capendo cosa vuol dire vivere la montagna, cioè vivere dell’essenziale e in tutt’uno con la natura, rispettandola. Come sarebbe bello se anche in pianura tutti si comportassero così”.

Storie che rigenerano anche chi le ha sollecitate. Maiocchi lo assicura, mentre di certo sta ripulendo gli scarponi in attesa che la fine della pandemia restituisca a lui e agli altri pellegrini dell’interiorità la possibilità di rimettersi in gioco: “Ringrazio questi ragazzi, perché mi danno tanto. Mostrano un’umanità spesso sconosciuta a chi si prende cura di loro”. L’uomo arriva dove può. La natura fa il resto. Fabio ne è testimone: “Vorrei sempre l’acqua pulita del fiume per dire che noi attorno stiamo bene…”.

Elena Miglioli è il direttore del periodico Mantova Salute, responsabile dell’Area Ufficio Stampa e Comunicazione di ASST Mantova. Giornalista professionista, scrittrice, poetessa. Ama tutte le forme d’arte, ma mette la musica (classica) al primo posto.

Nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.

Archivi
Categorie
Iscriviti alla newsletter