Tumore al rene, nuovo percorso multidisciplinare per i pazienti

Ogni anno 13mila nuovi casi in Italia, al Poma chirurgia laparoscopica e sinergia fra i professionisti

Il tumore al rene rappresenta il 3 per cento di tutti i carcinomi ed è più diffuso in Occidente. L’incidenza aumenta dopo i 60 anni e in tutto il mondo conosce un incremento del 2 per cento ogni anno. In Italia si registrano circa 13mila nuovi casi all’anno, con un rapporto fra uomini e donno di 4 a 1. Il direttore facente funzione dell’Urologia del Poma Paolo Parma illustra l’argomento e spiega quali sono le terapie che ASST mette a disposizione dei cittadini.

Quali sono i principali fattori di rischio e come si manifesta questa patologia?
L’obesità, l’ipertensione e la familiarità predispongono alla malattia. Il tumore è molto spesso asintomatico, quindi la diagnosi avviene in modo incidentale durante accertamenti eseguiti per altri motivi. Solo nelle fasi avanzate il paziente può avvertire sintomi quali dolore al fianco e sangue nelle urine. Fortunatamente, visto che è sempre più diffuso il ricorso ad approfondimenti diagnostici da parte della popolazione, riscontriamo spesso neoplasie di piccolo volume. La stadiazione avviene con una tac del torace e dell’addome e solo in qualche caso mediante scintigrafia ossea. Questi esami ci dicono già se abbiamo a che fare con un tumore benigno o maligno. In casi selezionati è invece necessario ricorre a una biopsia.

I trattamenti disponibili?
Il trattamento varia a seconda delle dimensioni, della localizzazione del cancro, dell’età del paziente, delle comorbilità e dello stato del rene controlaterale. Ad esempio, nei pazienti con insufficienza renale abbiamo necessità di optare per terapie conservative: se l’altro rene è sano la nefrectomia generalmente non comporta un peggioramento delle condizioni del malato. Nel caso di piccole masse in pazienti anziani si punta a un attento monitoraggio e si interviene solo se la massa cresce in modo significativo.

Se la massa è inferiore ai 3 centimetri e in presenza di rischi per anestesia generale, in collaborazione con la radiologia interventistica  si eseguono trattamenti percutanei di radiofrequenza in anestesia locale, necrotizzando le cellule tumorali. Per masse più grandi, inferiori ai 7 centimetri, si procede nella maggior parte dei casi con interventi conservativi, cioè asportando solo il tumore lasciando la parte sana residua del rene in laparoscopia 3D. Una tecnica che permette di visualizzare meglio i piani anatomici, conservando il più possibile il rene sano. L’Urologia ha inoltre in dotazione una sonda laparoscopica ecografica che permette  di eseguire ecografie intraoperatorie per agevolare la localizzazione del tumore.

Per masse renale superiori ai 7 cm o localizzate in profondità nel rene eseguiamo la nefrectomia laparoscopica (asportazione totale del rene) 3 D con estrazione del rene mediante una piccola incisione nella parte inferiore della addome. Per masse renali molto voluminose (sopra i 12-15 centimetri) con eventuale coinvolgimento di altri organi si opta per la chirurgia aperta mediante incisione sottocostale.

Infine per i casi ancora più complessi in cui vi è una trombo tumorale nella vena cava che può raggiungere il cuore eseguiamo l’intervento in collaborazione con i chirurghi vascolari e i cardiochirurghi.

Quanto sono diffusi questi trattamenti e quanti sono i casi in azienda?
Solo in pochi centri si ha la possibilità di utilizzare tutte queste soluzioni terapeutiche in modo da personalizzare al massimo il trattamento del tumore renale per il singolo paziente. Gestiamo una media di 100 pazienti all’anno. Nel  5 per cento dei casi eseguiamo il trattamento di sorveglianza attiva, nel 10 per cento eseguiamo il trattamento focale con radiofrequenza. Nel  25 per cento dei casi eseguiamo la nefrectomia radicale laparoscopica o in chirurgia aperta  mentre nel restante 60 per cento il trattamento laparoscopico conservativo renale.

La multidisciplinarietà è quindi un approccio fondamentale?
Assolutamente. Serve una  costante collaborazione con i colleghi di altre discipline per gestire in modo adeguato il tumore renale  anche nei pazienti più complessi, anziani e pluripatologici. Insieme agli oncologi, nella fase di discussione multidisciplinare gestiamo anche stadi molto avanzati della malattia con terapie oncologiche neoadiuvanti prima dell’intervento chirurgico.  Stiamo poi mettendo a punto un nuovo percorso diagnostico terapeutico che prevede appunto la sinergia fra Urologia, Oncologia, Radiologia, Medicina Nucleare e Radioterapia per assistere il paziente a tutto tondo. Il percorso è in fase di completamento a cura del collega Alessandro Veccia e sarà certificato entro l’anno da un ente esterno a garanzia della qualità.

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