Psicologia, i benefici inaspettati della quarantena

Anche aspetti positivi: legami affettivi rinforzati, più attenzione al qui ed ora, più tempo a disposizione e minore carico di impegni

Il periodo di quarantena ha avuto diversi impatti sulla persone e sulle famiglie, alcuni sono stati di natura sicuramente negativa e hanno prodotto uno stress più o meno forte.  Ma vorrei prendere in considerazione anche alcune reazioni di segno opposto. Lavorando in un consultorio familiare con un’utenza molto diversificata, mi sono posto il problema di contattare i miei pazienti per capire in che misura stessero soffrendo. Mi sono accorto che a fronte di situazioni di criticità, altre sembravano trarre vantaggi dall’isolamento e dalle limitazioni. Ecco alcuni meccanismi che possono essere stati coinvolti in questi casi.

Rifocalizzare le priorità
La quarantena e l’immersione nella drammatica realtà di una pandemia mondiale ha messo decisamente in secondo piano per molte persone quanto era considerato di primaria importanza poco prima. Nelle crisi familiari ad esempio ho riscontrato in alcune situazioni che il conflitto fosse attenuato e che il pensiero costante relativo alla “lotta” tra ex coniugi  o tra partner lasciasse il posto a pensieri più realistici. In alcune situazioni ho avuto l’impressione che le preoccupazioni contingenti alla pandemia strappassero via le ossessioni così radicate nei pazienti. 

Il timore di una perdita rinforza l’attaccamento
La pandemia ha posto molti di noi di fronte al problema della morte quasi per la prima volta. Questo ipotetico evento è divenuto presente e possibile per tutti noi nello scenario cosciente e ha portato ad un senso di insicurezza che ha spinto ad un rinforzamento dei legami di attaccamento che in genere sono orientati alla famiglia. Questo fatto concretamente si è manifestato in forme di maggiore rilevanza dei legami familiari, nella cura reciproca e anche nell’inclusione di figure familiari abitualmente periferiche o addirittura avverse.

Nuova percezione di sé
La percezione di noi stessi è un processo complesso che comprende diversi livelli di esperienza. Esiste un livello di distinzione tra il cosi detto sé mnemonico e il sé esperienziale. Il primo è costituito dalla rappresentazione che noi abbiamo di noi stessi, della nostra storia, mentre il secondo è la percezione immediata che abbiamo di noi, del grado di benessere esperito momento per momento. Il sé mnemonico inoltre nel suo configurarsi non può fare a meno di confrontarsi con uno sfondo collettivo in cui si delinea la nostra rappresentazione degli altri e la differenza che esiste tra noi stessi e la maggior parte delle persone. Possiamo ipotizzare che l’evento della pandemia abbia modificato fortemente questi equilibri: da un lato la distanza tra il sé e gli altri si è radicalmente ridotta in quanto, per molti aspetti siamo un po’ tutti sulla stessa barca e tutti tenuti alle stesse limitazioni, dall’altro il sé mnemonico ha dovuto temporaneamente restare sospeso in quanto siamo stati messi in una sorta di forzato stand by biografico. In compenso abbiamo potuto esercitare con più libertà e attenzione il nostro sé esperienziale concentrato su quello che facciamo nel qui ed ora. 

La costrizione come luogo in cui ricercare una soluzione relazionale
Verrebbe da pensare che quando ci sono problemi di relazione la convivenza forzata rappresenti una vera e propria bomba che si carica per esplodere. Ciò è certamente possibile, ma in alcuni casi possiamo immaginare che questa condizione spinga le persone a cercare un adattamento più costruttivo e a scoprire aspetti non previsti e positivi dell’altra persona. Talvolta infatti i nostri problemi relazionali sono rinforzati non tanto dalla costrizione quanto piuttosto dalla possibilità di trovare vie di fuga e di evitamento. Pensiamo ad esempio ad una coppia dove la mancanza di intesa li spinge a cercare di stare sempre di più fuori casa. Lo stare insieme prolungato e forzato può vincere queste strade e portarci a nuove soluzioni? Entro certi limiti si. I limiti sono quelli della violenza psicologica e fisica, della sopraffazione o della svalutazione. Al di fuori di questi casi gravi in cui la convivenza produce vere “ferite psichiche” intollerabili, è probabile che si apra un ampio territorio in cui le incompatibilità, le rabbie, le incomprensioni, possano essere messe in gioco in una sorta di “esperimento sociale” in cui si debba comunque cercare il modo migliore per stare insieme.

Allentare il carico di impegni e rallentare i tempi
Un effetto indiretto di questo periodo di quarantena è per alcuni la possibilità di avere molto più tempo libero, di essere liberi da impegni di lavoro e così via. L’effetto è notevole dal punto di vista del benessere psichico e della possibilità di trovare nuovi adattamenti. Forse quindi tanta parte del nostro disagio psicosociale è anche da attribuire ad un ritmo di vita e a richieste sociali che per alcuni sono davvero molto alte. 

Cosa fa la differenza tra quelle situazioni in cui la quarantena produce crisi importanti sul piano emotivo, relazionale e anche psichiatrico e quelle in cui si creano condizioni per un salto evolutivo o per scoprire nuovi volti nelle relazioni o in se stessi? Forse la risposta è legata al bilancio tra i fattori evolutivi e regressivi che sono presenti nel caso specifico: è probabile che questo salto in avanti sia possibile quando nel bilancio relazionale o psicologico individuale sono presenti comunque risorse su cui l’evento limitativo opera come uno stimolo che le mette in gioco. Credo sia nostro compito come operatori della salute mentale e del benessere familiare, accompagnare questi processi sia per rispecchiare e sostenere le evoluzioni positive, sia per prevenire cadute e regressioni che si possono nascondere come insidie in questo difficile momento collettivo.

 

Paolo Breviglieri è uno psicologo del Consultorio di Suzzara

Nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.

Archivi
Categorie
Iscriviti alla newsletter