Collante dell’integrazione multidisciplinare, a stretto contatto con il medico di medicina generale, ha un ruolo chiave nella presa in carico della cronicità
di Andrea Guandalini
Presidente Ordine Infermieri della Provincia di Mantova
L’infermiere di famiglia e di comunità è una figura ritenuta da più parti (Conferenza stato Regioni Conferenza Nazionale sulla Salute del novembre scorso) indispensabile per la presa in carico delle cronicità e più in generale delle fragilità, soprattutto valutando gli aspetti sociali e demografici del nostro Paese. Entra nelle case delle persone, orientandole e aiutandole a esporre e a comprendere meglio anche i propri bisogni di salute. Assicura inoltre la continuità dei percorsi in relazione alle diverse unità di offerte presenti sul territorio e quindi risulta il collante nell’integrazione multidisciplinare e multidimensionale, anche lavorando a stretto contatto con il medico di medicina generale che attualmente rimane la figura di riferimento degli assistiti.
L’Infermiere di famiglia è un professionista descritto per la prima volta all’interno di “Health 21”, il documento approvato nel 1998 da OMS. Si legge nel documento: “Un professionista inserito nella comunità, in grado di creare una relazione di fiducia con gli individui che la compongono, per promuoverne la salute e consentire loro di raggiungere il più elevato livello di benessere possibile”. Ancora, “Coopera con tutte le figure sanitarie, ma soprattutto con gli individui e le famiglie per aiutarle a trovare soluzioni ai loro problemi di salute e a gestire la malattia e le disabilità croniche, supportandole nei momenti di stress, fornendo consigli sugli stili di vita e sui fattori comportamentali di rischio; egli rappresenta il promotore chiave della salute nella comunità”.
La legge regionale 23/2015 istituisce formalmente il “Servizio dell’infermiere di famiglia e delle professioni sanitarie”, nell’ambito nell’ATS, in rapporto gerarchico con il Dipartimento di Cure Primarie. Secondo la legge regionale, tale servizio è assegnata ad un infermiere in possesso della laurea magistrale in Scienze Infermieristiche ed esperienza pluriennale nel campo del management e dell’assistenza territoriale.
Tra le numerose attività svolte, il servizio in questione: favorisce la presa in carico degli assistibili da parte del sistema di cure primarie, in particolare se fragili o non autosufficienti; coordina le diverse professionalità presenti sul territorio al fine di garantire al cittadino l’assistenza infermieristica in regime di continuità assistenziale , partecipa alla definizione di piani di assistenza condivisi; promuovere e valorizzare la partecipazione dei cittadini, soprattutto delle loro associazioni, assicurando forme di gestione sociale; sviluppa rapporti di collaborazione multi-professionale con l’ASST di riferimento, enti locali, scuole e sviluppa programmi di prevenzione e di educazione sanitaria.
È fondamentale che il servizio possa interfacciarsi con tutte le Unità di Offerta territoriali, per svolgere anche il ruolo di governance dell’intera rete, tra i servizi di Dimissioni protette ospedaliere e servizi ADI/CEAD distrettuali, riabilitazioni specialistiche, cure intermedie (post acuto domiciliare e residenziale, ex riabilitazione generale geriatrica, riabilitazione intensiva/estensiva) insieme ad altre sperimentazioni attive, quali RSA aperte, erogatori ADI, rete di cure palliative (ambulatori, erogatori Cure domiciliari, Hospice) RSA per ricoveri di sollievo, Sad Comunali e altre realtà a valenza socio sanitaria assistenziale, anche innovative ed al momento da implementare come gli ambulatori infermieristici. Dovrà inoltre interfacciarsi anche con altre unità di offerta ad esempio i PreSST come indicato dalla legge 23/2016, che ha introdotto la riforma del Sistema Socio Sanitario regionale.