Come la malattia può cambiare la vita? Lo racconta il presidente mantovano di Alice (Associazione per la lotta all’ictus cerebrale) Alberto Malagutti in un libro. ‘A modo mio’, il volume edito da DiPellergini traccia l’esperienza difficile, ma anche luminosa di una rinascita. Colpito da ictus nel 2009, Alberto Malagutti ha affrontato a modo suo la malattia e a modo suo, dopo un momento iniziale di ribellione a ciò che gli stava accadendo, ha saputo ricominciare un’altra vita, mettendo in gioco risorse che lui stesso non sapeva di avere. Grazie alla tenacia che lo caratterizza, all’amore della famiglia e al grande sostegno dei professionisti dell’ASST – fisioterapisti, medici, psicologi che lo hanno seguito, soprattutto durante il lungo ricovero all’ospedale di Bozzolo – ha potuto riconquistare il posto nella società che pensava di aver perduto. E soprattutto ha potuto riconquistare se stesso. Per acquistare il libro, scrivere ad alberto.malagutti@gmail.com. Riceviamo e pubblichiamo la sua testimonianza.
Nel testo dipano il drappo lucente e l’abito lussuoso della mia semplice, ma fiera vita condotta fino al giorno dell’ictus. Questa malattia ha rischiato di condannarmi all’allontanamento dalla società civile, a causa delle ridotte capacità neuromotorie che hanno colpito la parte sinistra del mio corpo.
Quel giorno sveglia di buon ora: ero atteso all’autodromo del Mugello per svolgere la mia funzione di giudice di gara in un intenso wee-kend di competizioni automobilistiche. Ho sempre svolto un’attività lavorativa piacevole e costellata di esperienze dirette, vissuta per mia volontà a continua trazione anteriore; ho una famiglia alla quale sono convinto di essermi concesso al massimo delle mie possibilità; ho l’ hobby automobilistico, che ho coltivato per tanti anni che mi ha arricchito nello spirito e formato nel carattere, e quello dell’attività fisica, svolta in varie forme.
Nel libro, non mancano cenni alla difficile riabilitazione motoria praticata in centri che nel tempo si sono rivelati, soprattutto grazie allo spessore professionale degli addetti ai lavori, veri propri centri d’eccellenza. Così come non mancano cenni alla mia terra, alle mie radici, alle quali sono indissolubilmente legato; da qui sono partito, per questo lungo viaggio con tanta fiducia e dedizione per il bene dei miei cari.
Il mio racconto illumina una nuova frontiera di sanità, più umana e meno influenzata da business, burocrazie ed eccessi formali. Ciò che viene messo in luce è una grande fiducia di tutto il personale medico nelle proprie conoscenze e nella loro grande capacità di applicazione, un vero e proprio “culto”, un patrimonio in continua crescita.
Pensiamo solo a quante persone, grazie ad un’adeguata riabilitazione, possano avvicinarsi di nuovo ad una conduzione di vita sempre più autonoma, meno disagiata e meno disagevole per le persone care che ci circondano. Questi sono i motivi per i quali mi sono impegnato a mettere nero su bianco questa mia esperienza. Convinto di dare sollievo, forza e spirito a chi come me attraverserà il letto del torrente che si allarga all’improvviso raggiungendo dimensioni inimmaginabili prima. Grazie a questa “nuova” forza saremo in grado di superare questo evento imprevisto, perché il nostro impeto deve essere superiore allo scorrere dell’acqua del tumultuoso corso, che nel frattempo si è modificato in ampiezza, divagando in molti rivoli secondari, ovvero le nostre difficoltà quotidiane.
Vivo nel mio paese con accanto la moglie, i figli ed alcuni amici con i quali abbiamo creato un’allegra e chiassosa brigata; ho conseguito la patente, guido l’auto e a fare fisioterapia vado autonomamente. Un’esperienza che so benissimo non essere l’unica: tante persone si ammalano e soffrono, tante guariscono tante no. Io ho sentito l’esigenza di raccontare questo mio percorso per “sfogarmi”, per cercare di rendermi utile a chi magari sta male e davanti a sé vede solo nero.
La speranza non deve mai morire: questo è il messaggio che esce dalla mia narrazione, che ha la sua forza nella semplicità di una storia di vita. Non avrei mai pensato di scrivere un libro, ma a convincermi sono state le persone che mi hanno circondato e che tutt’oggi mi fanno sentire tutto il loro calore, affetto e amore e che non mi hanno mai abbandonato. Al contrario, qualcun’altro l’ha fatto; questo lo confido per la prima volta senza alcun pietismo ma con altrettanto sano realismo. Anche l’azienda nella quale ero occupato mi ha lentamente fatto accomodare alla porta d’uscita.
Non mi sono perso d’animo e in linea con il mio carattere ho cercato le opportunità per riempire gli spazi di inattività quotidiana. Infatti, come la salute me l’ha permesso, ho iniziato a operare come consulente da accesso informatico remoto per la vendita e il supporto nell’utilizzo di software gestionali di primari marchi nazionali e non solo, collegandomi di fatto all’ambiente nel quale ho operato con passione e serietà per tutto il mio ciclo lavorativo, che ancora non è chiuso.
La malattia mi ha inoltre fatto capire che avevo chiesto troppo al mio corpo: ero troppo assorto nel mio lavoro e assorbito da alcuni pensieri. Siamo soggetti fragili e dobbiamo prestare più attenzione a noi stessi. Ora intendo riprendere in mano la mia vita “a modo mio”, quella vita che mi era sfuggita senza che me ne rendessi conto…e per farlo sono ripartito dai ricordi!