Melanoma cutaneo, in primo piano diagnosi precoce e percorso diagnostico terapeutico assistenziale dedicato

L’incidenza negli ultimi decenni è in aumento, in provincia di Mantova 30 casi su 100mila all’anno.  L’età media alla diagnosi è intorno ai 57-60 anni, sebbene nel 25% dei casi si verifichi prima dei 50 anni, specialmente nelle donne.

Il melanoma cutaneo è un tumore maligno della pelle, la cui incidenza è in aumento negli ultimi decenni, soprattutto nelle fasce di età più giovani. In Italia l’incidenza è di circa 15-20 nuovi casi su 100.000 abitanti ogni anno, con una discreta variabilità inter-regione, mentre nella provincia di Mantova si attesta sui 30 casi su 100.000 l’anno. L’età media alla diagnosi è intorno ai 57-60 anni, sebbene nel 25% dei casi si verifichi prima dei 50 anni, specialmente nelle donne. Dopo i 50 anni, l’incidenza aumenta invece nel sesso maschile.

Il principale fattore di rischio per lo sviluppo del melanoma è l’esposizione ai raggi UV, sia solari che artificiali (lampade abbronzanti). Le scottature solari, specialmente durante l’infanzia e l’adolescenza, aumentano il rischio di sviluppare il melanoma; da qui l’importanza della prevenzione tramite l’utilizzo di creme solari, che riducono il rischio di scottature e di danno al DNA cellulare. Altri fattori di rischio sono il fototipo chiaro, un elevato numero di nevi (specialmente atipici), storia personale o familiare di melanoma, immunodepressione e predisposizione genetica.

La diagnosi precoce può essere fatta attraverso l’identificazione di un nevo di nuova comparsa o della variazione delle caratteristiche di un nevo già presente. I campanelli d’allarme possono essere riassunti con la sigla ABCDE: A, asimmetria del nevo; B, bordi irregolari; C, colore variopinto; D, dimensione (> 6 mm); E: evoluzione nel tempo.

Nella ASST di Mantova è stato recentemente redatto il nuovo percorso diagnostico terapeutico assistenziale per la gestione dei pazienti con diagnosi o sospetto di melanoma. L’obiettivo del percorso è la presa in carico precoce ed efficace dei pazienti con lesioni melanocitarie sospette, al fine di giungere quanto prima alla diagnosi corretta e all’accesso alle cure adatte, siano esse di natura chirurgica o oncologica. Il percorso prevede la collaborazione di diversi specialisti, che vanno ad integrare il proprio lavoro e le proprie competenze riducendo quanto più possibile ritardi o intoppi nel percorso diagnostico e terapeutico del paziente.

L’accesso al percorso del melanoma avviene attraverso la segnalazione da parte del medico di medicina generale che, qualora lo ritenga opportuno, può inviare il paziente a prima visita dermatologica agenda melanoma. Nel caso in cui il dermatologo, attraverso l’utilizzo di strumentazione adatta, confermi la natura sospetta della lesione, si procederà all’escissione del nevo. Lo stesso potrà poi essere analizzato dai colleghi dell’anatomia patologica, avendo la conferma istologica della natura della lesione.

Il passo successivo è la stadiazione radiologica del tumore, che permette di distinguere lo stadio localizzato della malattia dallo stadio metastatico. Se si tratta di una malattia in stadio precoce il paziente affronterà un intervento di allargamento chirurgico e di ricerca del linfonodo sentinella; viceversa, in caso di malattia in stadio avanzato, sarà inviato all’oncologo per l’avvio del trattamento sistemico. Per i pazienti che vanno incontro a intervento chirurgico può essere indicato un trattamento oncologico adiuvante della durata di un anno, finalizzato alla riduzione del rischio di recidiva.

I trattamenti oncologici nel melanoma hanno fatto passi da gigante negli ultimi 15 anni, grazie all’avvento dell’immunoterapia e della terapia a bersaglio molecolare, impattando significativamente sulla prognosi dei pazienti con malattia anche in stadio avanzato. Circa un terzo dei pazienti con diagnosi di melanoma in stadio avanzato risponde in maniera eccellente ai trattamenti, rientrando nella categoria dei lungo-sopravviventi (pazienti vivi a 10 anni).

Tali risultati erano impensabili prima dell’avvento di queste terapie, quando la sopravvivenza media si attestava intorno ai 6 mesi. Fondamentale è e sarà il ruolo della ricerca scientifica, finalizzata a trovare altri trattamenti efficaci, soprattutto per quei pazienti che risultano resistenti o non candidabili ai trattamenti ad oggi disponibili. L’entusiasmo per i successi finora ottenuti e la fiducia nei prossimi passi del progresso scientifico sono la spinta che ci muove a dedicarci ogni giorno alla cura e all’assistenza dei nostri pazienti.

Di Marina Gaule, medico Oncologia Asst Mantova

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