‘Solo per sempre’ è l’ultimo volume scritto da Marco Pirozzi in memoria di Francesca, scomparsa a 24 anni per un linfoma: “La speranza e la vita vincono”
Come trasformare il dolore in un qualcosa di utile per il mondo? Il mantovano Marco Pirozzi lo ha fatto, partendo dalla sofferenza per la perdita della figlia Francesca, 24 anni, scomparsa nel 2016 per un linfoma non Hodgkin. Lei desiderava scrivere la sua storia per dare forza a chi si trova ad affrontare un percorso simile. Purtroppo, non ha fatto in tempo a realizzare quel progetto che le stava a cuore. Oggi quel sogno è diventato realtà grazie alla penna del padre, autore del libro Solo per sempre. In queste pagine si narra l’intensità dei momenti vissuti e la straordinaria forza di una ragazza che non ha mai smesso di lottare, di studiare, di provarci.
Parlaci di questa nuova avventura editoriale e di come è riuscita in qualche modo a ‘tenere in vita’ tua figlia attraverso il ricordo e la valorizzazione dei suoi studi.
È stato un modo per continuare a portarla con me tutti i giorni. Il volume era una sua idea: prendeva appunti, stava attenta al suo percorso. Dopo la maturità all’Istituto Greggiati di Poggio Rusco, si era iscritta all’Università di Modena e Reggio Emilia per seguire il corso di laurea in Scienze Erboristiche. Si è trovata a fare i conti con tac, rachicentesi, risonanza, insomma il percorso difficile che si può immaginare, fra speranze e inevitabili momenti di sconforto. Ci ho pensato io a dare seguito al suo sogno, per non dimenticare, per fissare nero su bianco i ricordi. Racconto dei giorni faticosi fuori e dentro dall’ospedale in cui si piangeva, ma si rideva anche, ci si parlava a lungo. Nel dramma ho avuto l’occasione di conoscere meglio Francesca. Solo per sempre è una celebrazione della vita, un tributo all’amore e alla forza di chi sceglie di non arrendersi. Il vero messaggio è quello di una rinascita, un’opera che diventa faro di speranza per i genitori che devono affrontare questa esperienza.
Il primo passo del tuo cammino è stato la pubblicazione del libro Il cibo ideale. Quali obiettivi hai raggiunto?
Ho voluto innanzitutto dare voce ai contenuti della tesi di mia figlia. Qui l’attenzione è focalizzata su ciò che ‘fa bene’ al corpo. Nel secondo libro la prospettiva si sposta invece su ciò che può ‘nutrire’ il cuore e la mente di chi affronta la perdita di un figlio. In entrambi i casi, si tratta di percorsi che invitano alla consapevolezza: prima di noi stessi, poi delle nostre relazioni più intime. Il cibo ideale invita a prendersi cura di sé attraverso scelte alimentari consapevoli. Nel malato oncologico, ma non solo, l’alimentazione è molto importante. Ho fornito consigli alimentari, partendo dalla tesi e aggiungendo spunti di nutrizionisti e di chef stellati, con tanto di ricette. Il volume è inoltre uno strumento per fare viaggiare la Fondazione Francesca Pirozzi, che giorno dopo giorno mette le ali.
Quali sono i principali intenti della fondazione?
Stiamo finanziando un progetto di ricerca oncologica sullo sviluppo di nuove strategie sperimentali per studiare le caratteristiche epigenetiche di modelli biologici complessi. Tra le recenti scoperte, in collaborazione con un gruppo di chimica del Dipartimento di Scienze Pure ed Applicate dell’Università di Urbino, è emersa la caratterizzazione di una nuova classe di molecole in grado d’interferire con la struttura del DNA e, si ipotizza, con la struttura della cromatina (sostanza presente nel nucleo delle cellule, composta da DNA e proteine), inducendo interessanti risposte biologiche nei modelli cellulari tumorali. I primi risultati dello studio sono stati presentati l’anno scorso alle principali istituzioni sanitarie. Siamo piccoli, ma la nostra forza è grande e non ci fermiamo.
Cosa ti ha insegnato e cosa ci insegna Francesca?
Chiaramente è un vissuto doloroso, ma che può aprire uno spiraglio di luce in chi lo conosce. Tanti genitori mi ringraziano per l’aiuto che ricevono dalle mie parole e dal mio operato. Ho voluto dirlo già con il titolo: non è finita, è ‘solo per sempre’. Sento che mia figlia mi guida e quando torno a casa la sera ‘è come se fosse con me’, le faccio il punto della situazione. C’è qualcosa di lei che continua a lavorare e che ci dà forza. Sottolineo l’importanza di due prefazioni all’ultimo libro: quella di Margherita Toffa, la madre di Nadia Toffa, che come me ha vissuto la terribile esperienza di perdere una figlia giovane e quella di Michela Ermini, ragazza che condivide il suo percorso di cura. Si può davvero trasformare il dolore in un’impresa utile.