Tumore al polmone, quando la malattia è silenziosa. La diagnosi precoce è preziosa anche nel caso in cui la patologia sia già diffusa

Il più importante fattore di rischio è il fumo di sigaretta, anche passivo. Fra le
cure disponibili la chirurgia, chemioterapia e radioterapia, ma anche terapia a bersaglio molecolare. Gli anticorpi monoclonali sono diventati fondamentali

 Le stime Airtum (associazione italiana registri tumori) parlano di 43.900 nuove diagnosi di tumore del polmone nel 2022 (29.300 negli uomini e 14.600 nelle donne). Rappresentano il 15 per cento di tutte le diagnosi di tumore negli uomini e il 6 per cento nelle donne. Il tumore al polmone rappresenta quindi una delle cause più frequenti di malattia tumorale e una delle cause principali di morte per tumore. In particolare, nel nostro Paese questa neoplasia è la prima causa di morte per tumore negli uomini e la seconda nelle donne, con circa 34.000 morti in un anno. Approfondisce l’argomento il direttore della struttura di Pneumologia del Carlo Poma Massimiliano Beccaria.

Con quali sintomi si manifesta la patologia?

Il tumore del polmone in molti casi resta asintomatico nelle fasi iniziali e infatti a volte la malattia viene diagnosticata nel corso di esami effettuati per altri motivi. Quando presenti, i sintomi più comuni del tumore del polmone sono tosse continua che non passa o addirittura peggiora nel tempo, raucedine, presenza di sangue nel catarro, respiro corto, dolore al petto che aumenta nel caso di un colpo di tosse o un respiro profondo, perdita di peso e di appetito, stanchezza, sindromi interpretate come bronchiti o polmoniti che però non guariscono o ritornano dopo un trattamento.

Il tumore inoltre può diffondersi per contiguità alla pleura che riveste i polmoni, alla parete toracica e al diaframma. Può dare metastasi per via linfatica ai linfonodi o attraverso il flusso sanguigno. Quasi tutti gli organi possono essere interessati – fegato, cervello, surreni, ossa, reni, pancreas, milza e cute – dando origine a sintomi specifici come dolore alle ossa e ittero, sintomi neurologici come mal di testa o vertigini, oltre a noduli visibili a livello cutaneo.

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Certamente la diagnosi precoce è fondamentale per poter avere maggiori opportunità terapeutiche. Ovviamente più il tumore è piccolo e localizzato, migliore sarà la prognosi sia perché sarà eradicabile chirurgicamente sia perché, anche nei casi che avesse già dato interessamento locale, una bonifica con chemioterapia o con radioterapia può essere più efficace nel portare la guarigione.

Comunque, una diagnosi precoce anche nel caso di malattia già diffusa, ad esempio linfonodi mediastinici (del torace), può fare reagire meglio alle nuove terapie mirate con possibilità di curare la malattia e renderla cronica.

Quali sono i principali fattori di rischio?

Il più importante fattore di rischio è il fumo di sigaretta. Ciò vale anche per l’esposizione al fumo passivo. Contano sia la quantità di tempo in cui si è fumato, sia il numero di sigarette fumate. Se si inizia a fumare da giovanissimi un pacchetto al giorno e si prosegue per il resto della vita, ci si può ammalare addirittura di più rispetto a chi, comunque esposto ad altissimo rischio, fuma due pacchetti al giorno ma per un tempo più breve. Smettere determina invece una forte riduzione del rischio. Il rischio relativo dei fumatori di ammalarsi di tumore al polmone è più alto di circa 14 volte rispetto a quello dei non fumatori ed è addirittura fino a 20 volte maggiore se si fumano più di 20 sigarette al giorno. Il fumo di sigaretta è responsabile di 8-9 tumori del polmone su 10, ma anche cancerogeni chimici come l’amianto (asbesto), il radon e i metalli pesanti sono fattori di rischio, soprattutto per quella parte di popolazione che viene a contatto con queste sostanze per motivi di lavoro.

Aumentano il rischio di ammalarsi anche l’inquinamento atmosferico, casi di tumore del polmone in famiglia (soprattutto nei genitori o in fratelli e sorelle) e precedenti malattie polmonari o trattamenti di radioterapia che hanno colpito i polmoni (magari per un pregresso linfoma).

Quali sono le terapie disponibili?

Si differenziano a seconda del tipo di tumore. Per semplificare diciamo che ci sono due grandi categorie: il tumore non a piccole cellule e il tumore a piccole cellule. Il primo viene curato come prima cosa con la chirurgia, ma spesso è difficile diagnosticarlo nelle fasi in cui sia aggredibile.

La radioterapia è utilizzata da sola o in combinazione con la chemioterapia nei casi in cui non sia possibile procedere con la chirurgia, a causa delle caratteristiche del tumore o dello stato di salute dei pazienti. Nei pazienti già operati ad alto rischio di recidiva e con malattia in stadio avanzato o che hanno sviluppato metastasi, si utilizzano le terapie farmacologiche. La chemioterapia standard consiste nella somministrazione di cisplatino o carboplatino in combinazione con gemcitabina, etoposide, pemetrexed, docetaxel, paclitaxel o vinorelbina. Radioterapia e chemioterapia possono essere utilizzate prima dell’intervento chirurgico (terapia neoadiuvante) per ridurre le dimensioni del tumore o dopo l’intervento (terapia adiuvante) per eliminare le eventuali cellule tumorali rimaste. Quando è possibili, si ricorre alle terapie a bersaglio molecolare.

Di cosa si tratta?

I pazienti che presentano mutazioni nel gene che codifica per l’EGFR, un recettore di un fattore di crescita coinvolto nella proliferazione cellulare, rispondono agli inibitori delle tirosino-chinasi come gefitinib, erlotinib, afatinib e osimertinib. Queste mutazioni sono state riscontrate in circa il 10-15 per cento dei pazienti diagnosticati in Italia. Una minoranza di pazienti (3-7 per cento) che presenta invece un’alterazione del gene che codifica per ALK, una proteina di fusione che stimola la crescita delle cellule, risponde al trattamento con inibitori di ALK (crizotinib, alectinib, ceritinib, brigatinib e lorlatinib). Nei tumori non squamosi si possono anche utilizzare in combinazione con la chemioterapia il bevacizumab e il nintedanib, farmaci che bloccano l’angiogenesi, cioè la formazione di nuovi vasi sanguigni. Il trattamento del tumore del polmone è stato in parte rivoluzionato dall’immunoterapia. Gli inibitori dei checkpoint immunitari interferiscono con un meccanismo che, usato anche dal tumore, impedisce alle cellule delle nostre difese di attivarsi e di stimolare la risposta antitumorale. Gli anticorpi monoclonali che riconoscono le proteine PD-1 (nivolumab, pembrolizumab) o PD-L1 (atezolizumab, durvalumab), da soli o associati alla chemioterapia, sono diventati farmaci fondamentali nella terapia del tumore non a piccole cellule.

Nei tumori a piccole cellule invece il trattamento è quasi esclusivamente farmacologico e si basa sulla chemioterapia tradizionale ma ad oggi abbiamo anche alcuni farmaci che utilizzano l’immunoterapia.

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