Contro la violenza, la danza per attraversare i disagi, liberarsi e fare parlare il corpo

Un laboratorio per le donne vittime di maltrattamenti e abusi, come passare dal senso di inadeguatezza alla consapevolezza e all’autostima: “Io posso”

A giugno 2024 si è concluso al Consultorio Familiare di Goito il terzo ciclo del progetto Ri-danzare la vita. Il percorso è stato tenuto da Vanda Pasolini del CAV di Mantova, counselor transpersonale, esperta in tecniche espressive secondo il metodo DanzaRima, Laura Parlato, facilitatrice mindfulness, e da me, Roberta Pasotti, assistente sociale del Consultorio di Goito, che ho anche organizzato gli incontri.

La proposta del percorso, rivolto a donne vittime di maltrattamenti e di abusi fisici o psicologici, o che stanno attraversando momenti di particolare fragilità e vulnerabilità, ha riscosso una buona adesione.  Hanno partecipato agli incontri 31 donne, alcune in fase di uscita dal circolo vizioso della violenza, altre che si sono presentate nel tempo al servizio per motivi diversi (presa in carico e consulenza psicologica e sociale, partecipazione a eventi o laboratori organizzati in passato dal consultorio).

L’iniziativa è rientrata nel progetto Violenza di Genere: Formiamoci e Fermiamola, sostenuto da Regione Lombardia, nel quale l’ASST di Mantova è capofila. Il progetto è stato realizzato in collaborazione con Centro Aiuto Alla Vita, Telefono Rosa, Cooperativa Centro Donne, M.I.A., Comune di Mantova.

Il tema del corpo

Nelle situazioni di violenza, l’esito del trauma subìto si trasforma in un disagio che si manifesta attraverso il corpo (ad esempio una persistente stanchezza fisica, insonnia, malattie croniche). Le donne che subiscono questi traumi hanno una vita caratterizzata da perdita di autostima, depressione, timore di perdere affetti e spesso la sensazione che sia impossibile iniziare una ‘nuova vita’.

La relazione tra corpo ed emozioni viene narrata anche in letteratura. Ad esempio, la scrittrice Neige Sinno, nella sua autobiografia Triste tigre, scrive che alcuni studi compiuti negli Anni Novanta sull’esperienza di abuso nell’infanzia (da lei stessa subìto) e di violenza in età adulta,  “hanno dimostrato il rapporto causa-effetto non solo sui problemi di salute collegati a comportamenti tossici, ma anche su altri sintomi privi di legame apparente…I maltrattamenti inducevano alla depressione e all’incapacità di prendersi cura di sé, il che implicava una cattiva alimentazione, comportamenti a rischio, dipendenze e infine patologie legate a quel cattivo stile di vita…Anni dopo…le neuroscienze hanno dimostrato come il trauma incida sulla produzione di ormoni, sul circuito neuronale, ma anche sul sistema immunitario e, da ultimo, anche sul DNA”.

Il laboratorio di danza terapia

Il progetto “Ri-danzare la vita (Io Posso)” è un laboratorio di danza-movimento -terapia, che segue il metodo Danzarima. Questa tecnica permette di accedere all’essenza del sé, utilizzando l’improvvisazione danzata. Si lavora sulla

parte ‘sana’ della persona, rinforzandone le risorse, permettendo di comprendere i passaggi necessari per recuperare armonia e benessere.

Il laboratorio è un’occasione di crescita personale, stimola una maggiore consapevolezza, diventa strumento di potenziamento della propria autostima e, nella situazione particolare di donne vittime di maltrattamento e abuso. La memoria fisica, emozionale e corporea del dolore di quanto vissuto non si dimentica ma si può trasformare, curando la ferita presente che limita il potenziale e inibisce le risorse personali.

Il movimento, il gesto, la forma, rappresentano il vissuto della persona e diventano lo specchio del suo mondo interiore, ma sono anche la possibilità/opportunità di un linguaggio “nuovo” per poter dire a sé stessi le parole che abbiamo dentro.

Gli obiettivi specifici del percorso sono stati: ridare senso di appartenenza al corpo; incontrare il limite; radicarsi; superare la paura del contatto fisico; rafforzare la fiducia e l’autostima; esplorare la fluidità (il lasciare andare); migliorare il linguaggio espressivo simbolico attraverso l’improvvisazione; celebrare il ritmo dentro e fuori di noi (stare nel ritmo della relazione personale e interpersonale);
trasformare il senso di inadeguatezza in “io posso”.

Di Roberta Pasotti, assistente sociale Asst; Vanda Pasolini, Cav Mantova; Laura Parlato, facilitatrice mindfulness

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