Il cappellano dell’Istituto Tumori al convegno di Barbassolo: una collaborazione con gli operatori può migliorare la qualità dell’assistenza e le relazioni
Riportiamo un estratto del testo dell’intervento di don Tullio Proserpio, cappellano Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, alla 24esima edizione del convegno che si è tenuto al Santuario della Salute Santi Cosma e Damiano di Barbassolo, Roncoferraro (Mantova) sabato 7 ottobre. Titolo del simposio: “Sarà ancora possibile una sanità per tutti? Come Orientare investimenti e risorse.”
Una sanità per tutti alle attuali condizioni…difficile rispondere. La domanda peraltro se cioè la spiritualità può avere ancora spazio è realmente interessante; mi sembra possa nascondere qualcosa di insidioso, quasi che alla spiritualità occorra trovare spazio in mezzo alle grandi questioni che solitamente abitano il cuore di ogni ospedale e struttura sanitaria. Nessuno si chiede se l’arte medica e infermieristica può avere ancora spazio nella sanità per tutti, tanto è scontata come domanda. Inoltre sarebbe interessante chiederci in quali momenti riteniamo possa essere utile giustificare un’attenzione di questo genere.
Motivo per cui non darei per scontata la risposta se cioè la spiritualità può avere ancora spazio. Viviamo in un contesto nel quale ciò che maggiormente conta è ‘far quadrare’ il bilancio della struttura sanitaria. Motivo per cui il primo pensiero è che l’assistenza spirituale risulti costosa per una struttura come quella sanitaria, sappiamo infatti che il ‘cappellano’ è pagato dalla struttura stessa, questo porta a ritenere che forse è meglio investire gli stessi denari per strutturare un infermiere, un medico, di sicuro non un prete.
Tengo a precisare che la Chiesa non rivendica nulla a questo riguardo, vuole mostrarsi solidale con quanti svolgono questo servizio di aiuto e sostegno alle persone ammalate e i famigliari, condividendo la propria storica esperienza. Ecco perché non può semplicemente ancorarsi alla normativa tuttora in vigore per giustificare un’attenzione di questo genere.
Sappiamo bene che esiste un accordo tra la Regione Lombardia e la Conferenza Episcopale Lombarda che garantisce e tutela un’assistenza di questo genere (sulla base della legge 833 del 1978). Tuttavia credo molto più significativo riconoscere che Joint Commission (referente in Italia è Progea) sollecita un’attenzione di questo tipo, consapevoli del fatto che questo sguardo può aiutare e sostenere le persone ammalate, i parenti oltre che lo stesso personale. Possiamo affermare l’importanza di un’attenzione di carattere spirituale sulla base dei dati raccolti dalla letteratura scientifica. Una crescita costante e progressiva a partire dagli anni ’90. Un semplice sguardo su PubMed evidenzia quasi 13.000 citazioni inerenti il tema della ‘spiritualità’; non poche.
Per sommi capi, possiamo dire che una spaccatura tra spiritualità e scienza, per lo meno nella sua fase iniziale, si è prodotta nel periodo dell’illuminismo. Con la scoperta da parte di Rudolf Virchow della patologia cellulare, l’attenzione si è posta maggiormente sulla parte ammalata, sul singolo organo. Ora questa spaccatura si sta ricucendo e, al di là del dato scientifico evidentemente importante in un contesto sanitario, abbiamo tutti compreso con grande evidenza la necessità di un’attenzione capace di non fermarsi al solo dato scientifico.
Porto come dato significativo l’attenzione alla spiritualità (aspetto diverso ma non contrapposto al tema della ‘religiosità’) che viene posta negli ospedali degli Stati Uniti. Laddove la sanità è orientata ad essere erogata e garantita sulla base della propria copertura assicurativa, grande attenzione viene dedicata al tema della spiritualità, come mai? Evidentemente si ritiene che possa aiutare a soddisfare le attese delle persone ammalate.
La triste esperienza della pandemia ha mostrato che le persone ammalate, oltre lo stesso personale, hanno bisogno di altro, in particolare intuire un senso rispetto a ciò che accade. Il solo dato tecnico scientifico è incapace di rispondere pienamente alle attese e domande della persona ammalata insieme ai parenti oltre allo stesso personale dell’équipe curante.
Cosa più è mancato nel sistema sanitario? Tra le altre cose mi sembra non aver avuto la possibilità di vivere relazioni significative con le persone care e neppure l’ultimo gesto del saluto per il proprio caro defunto è stato reso possibile. Significativo che la legge 219 del 2017 affermi che “Il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura” – Legge 219/17, articolo 1, comma 8. In un contesto in cui il tempo spesso non c’è. Laddove la preoccupazione principale è rispondere e rispettare i vari protocolli. Per aiutare a rispondere alle indicazioni della legge vedo come utile poter sostenere una rinnovata attenzione alla dimensione della persona ammalata, con la ricerca di un senso rispetto a quanto sta accadendo nella sua vita.
Interessante quanto emerso da uno studio condotto ormai qualche anno fa in Istituto, pubblicato su Tumori Journal, laddove giungiamo ad affermare che è la relazione, la buona relazione, in grado di offrire speranza.
È evidente che tutto questo chiede una rinnovata attenzione e formazione da parte dei professionisti dedicati a questo ambito specifico. Formazione che, proprio per la delicatezza del servizio, deve assumere una preparazione universitaria, con esperienza diretta vicino al letto del paziente, accompagnata da una supervisione costante dei futuri professionisti, come peraltro già accade all’estero.
Giungo pertanto ad affermare che la spiritualità può e deve sicuramente avere ancora e maggiore spazio all’interno della sanità per tutti. La dimensione spirituale è un aspetto importante della vita delle persone e può influenzare il loro benessere complessivo. Questo credo sia valido non solo per le persone ammalate, ma per ogni persona.
È necessario integrare l’assistenza spirituale nei servizi sanitari perché in grado di contribuire a una cura più completa. Consapevoli del fatto che la spiritualità è spesso intrecciata con la cultura. Motivo per cui per rispettare le convinzioni spirituali dei pazienti è essenziale comprendere la radice culturale dei pazienti e, conseguentemente fornire cure culturalmente appropriate.
Occorre inoltre favorire una prospettiva olistica e una collaborazione tra professionisti della salute, tra cui cappellani ospedalieri, alfine di migliorare la qualità dell’assistenza. Lavorando insieme, si possono soddisfare meglio anche le esigenze spirituali dei pazienti, insieme alle loro necessità fisiche e mentali. In sintesi, è possibile lavorare verso una sanità per tutti che riconosca e integri la dimensione spirituale.
Di don Tullio Proserpio, cappellano
Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano