Ipertensione, stile di vita sano e terapie personalizzate contro il ‘killer silenzioso’

Il disturbo colpisce il 18 per cento degli italiani, la sua incidenza raddoppia quando si superano i 74 anni

Evelyn Agliozzo

La pressione arteriosa è la forza che il sangue esercita sulla parete delle arterie; questa forza viene generata dal cuore, che spinge il sangue nelle arterie perché si distribuisca in tutto l’organismo.  Quando il cuore si contrae e spinge il sangue nelle arterie, si registra la pressione arteriosa più alta, detta sistolica o ‘massima’. Quando il cuore si rilascia e si riempie di sangue, nelle arterie si registra la pressione arteriosa più bassa, detta diastolica o ‘minima’.

La pressione viene quindi indicata con due valori: il primo valore, il maggiore, indica la pressione sistolica, mentre il secondo, il minore, corrisponde alla pressione diastolica. Quando i valori pressori di sistolica o di diastolica superano i 140 per la massima o i 90 per la minima, si parla di ipertensione arteriosa. Non è di per sé una malattia, quanto piuttosto un fattore di rischio per sviluppare patologie cardiovascolari (ad esempio ictus e infarto miocardico, arteriopatie, aneurismi) e altre patologie (insufficienza renale, demenza su base vascolare e così via).

Il rischio di sviluppare complicanze aumenta con l’aumentare dei valori pressori, e incrementa ulteriormente se sono compresenti altri fattori di rischio (come l’ipercolesterolemia, il fumo, la sedentarietà, il sovrappeso corporeo) e condizioni patologiche (come il diabete mellito).

Si calcola che sia iperteso il 18 per cento circa degli italiani, percentuale che aumenta progressivamente all’aumentare dell’età, fino a superare il 50 per cento dopo i 74 anni di vita. L’ipertensione arteriosa non causa disturbi evidenti, ecco perché viene definita ‘killer silenzioso’: molte persone non sanno di essere ipertese. Diventa quindi importante misurare i valori pressori: dal medico di famiglia, in farmacia, nelle visite periodiche nei luoghi di lavoro, oppure a casa, se si possiede uno strumento per misurare la pressione.

Anche in gravidanza è fondamentale rilevare i valori pressori, poiché un’ipertensione arteriosa può comportare rischi di complicanze sia per la madre che per il nascituro (quali la pre-eclampsia, accidenti cerebrovascolari o insufficienza renale per la madre,  il basso peso corporeo alla nascita per il bambino).

Nel 90-95 per cento dei casi l’ipertensione arteriosa non ha una causa evidente e viene dunque indicata come ipertensione primaria o essenziale: è correlata alla familiarità, a stili di vita non corretti e all’avanzare dell’età. Nel 5-10 per cento dei casi, invece, l’ipertensione è ‘secondaria’, cioè causata da un’altra patologia: si può trattare di malattia endocrina (feocromocitoma, sindrome di Cushing, iperaldosteronismo, distiroidismi) o dei reni (insufficienza renale cronica, restringimento di un’arteria renale) oppure può dipendere dall’assunzione di farmaci che aumentano i valori pressori (contraccettivi orali, farmaci antidolorifici, spray nasali vasocostrittori) o di altre sostanze (liquirizia, droghe d’abuso).

Ridurre la pressione arteriosa consente di abbattere il rischio di ictus e infarto; in parallelo si riducono il rischio di sviluppare demenza vascolare, scompenso cardiaco, fibrillazione atriale e di morte per cause cardiovascolari. La riduzione della pressione deve essere ottenuta gradualmente, per non incorrere in una sensazione di spossatezza ed evitare che agli organi “nobili” (cervello, cuore, reni) arrivi improvvisamente un flusso di sangue insufficiente.

Nei casi in cui i valori pressori superino di poco i limiti di norma e non vi siano malattie associate o altri fattori di rischio significativi, si può migliorare lo stile di vita per ridurre i valori pressori: si dovrà interrompere l’abitudine al fumo, aumentare l’attività fisica, ridurre il peso corporeo se in eccesso, moderare l’assunzione di sale e di alcolici e caffè, aumentare il consumo di frutta e verdura e ridurre quello di alimenti ricchi di grassi saturi.

Qualora le modifiche dello stile di vita non bastassero o nei pazienti che hanno già malattie cardiovascolari o diabete mellito o altri fattori di rischio, il medico prescriverà una terapia farmacologica antipertensiva, scegliendo la terapia più idonea tra quelle a disposizione, ovvero beta bloccanti, calcio antagonisti, diuretici, ace-inibitori, sartani, inibitori diretti della renina, alfa litici, anti adrenergici centrali.

Spesso per ottenere un buon controllo pressorio è necessaria l’associazione di due o più farmaci; alcune associazioni di farmaci sono pre-costituite, ovvero contenute in una singola pillola presente in commercio, mentre altre devono essere realizzate ricorrendo alla combinazione di più pillole. In genere i farmaci antipertensivi sono ben tollerati; tuttavia, se dovessero comparire effetti collaterali, il medico valuterà se modificare la posologia o il tipo di antiipertensivo.

Una buona collaborazione con il proprio medico curante consente di costruire progressivamente insieme la terapia ottimale: deve essere ben tollerata, efficace per controllare in modo adeguato i valori pressori e per ridurre il rischio di sviluppare nel tempo patologie cardio e cerebrovascolari. Nei casi in cui si sospettino forme secondarie di ipertensione arteriosa o di valori pressori difficili da controllare o in casi complessi per patologie pre-esistenti, il medico di famiglia può rivolgersi a centri specialistici, quali ad esempio l’ambulatorio dell’ipertensione arteriosa del Poma.

Di Evelyn Agliozzo, medico struttura Medicina Generale del Carlo Poma di Mantova

1 Commento
  1. Pur essendo iperteso e comunque registrato nel PAI non ho avuto tutto oggi riscontri se non dai medicinali prescritto dal medico di base

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