Investire sulla relazione tra Cultura e Salute non è più un’opzione, ma uno degli asset strategici delle politiche pubbliche dei prossimi anni
L’alleanza virtuosa tra cultura, salute e benessere è un tema di grande attualità, che sta ricevendo un’attenzione crescente nel panorama nazionale e internazionale. Lo dimostra lo sviluppo, senza precedenti, di ricerche e sperimentazioni, che negli ultimi anni ha prodotto una mole impressionante di dati ed evidenze, pratiche cliniche, facendo emergere l’ampiezza e l’articolazione delle potenzialità che convergono con le ultime frontiere della ricerca scientifica, dalle neuroscienze all’epigenetica.
Conosciamo fin dall’origine della storia dell’uomo il ruolo delle arti nella fioritura delle persone e lo abbiamo esperito tangibilmente durante lo tsunami pandemico: la cultura, nelle sue diverse espressioni, ha lenito per coloro che la riconoscono, la perdita di relazioni, ha dato valore al tempo. Non dimenticheremo i canti dai balconi che ci hanno connessi al mondo.
Questo ruolo oggi è riconosciuto istituzionalmente e può essere risorsa per rispondere a sfide complesse di salute, fenomeno multidimensionale e multifattoriale, fortemente condizionato da determinanti sociali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) della Region Europa (53 Paesi) ne acclara la centralità attraverso la recente scoping review, la più grande mai realizzata, con l’analisi di oltre 3000 studi: il Rapporto 67/2019 dell’OMS, oltre a rappresentare una vera e propria pietra miliare sul ruolo delle arti e della partecipazione culturale nella prevenzione delle malattie e nella promozione della salute, nonché nella gestione e cura delle patologie lungo tutto l’arco della vita, dal periodo perinatale al fine vita, resta un punto di riferimento non ancora superato soprattutto nella parte dedicata alle raccomandazioni politiche. Il documento culmina, infatti, con puntuali indicazioni rivolte ai decisori e ai policy makers sulla necessità di creare condizioni abilitanti, nelle politiche e nei territori, per consentire all’approccio bio-psicosociale alla salute di radicarsi, andando al di là delle singole progettualità e adottando una visione sistematica e sistemica.
In questa direzione, diviene indispensabile investire non solo in ricerca, ma anche in nuove competenze, nelle medical humanities nell’alta formazione come nella formazione continua, con l’obiettivo di accrescere la consapevolezza di questa rilevanza, accompagnando i decisori in azioni strutturali e continuative, abbattendo le barriere tra settori e discipline, costruendo competenze ibride per favorire un dialogo a più voci tra i comparti della sanità, della cultura, del sociale e dell’educazione. In questa direzione vanno le politiche europee: in ambito culturale, il ciclo di programmazione del settennale in corso, si basa sull’Agenda 2030 che indica, mutuando una metafora biologica, nei cross over culturali i pilastri delle politiche delle prossime decadi, in primis verso la salute, abbracciando il principio della “Salute in tutte le politiche”, responsabilità di ogni asse e non solo della sanità.
La progressiva affermazione della prospettiva del welfare culturale, intenso come un approccio integrato alla promozione della salute e del benessere delle persone e delle comunità attraverso la partecipazione a specifiche attività culturali, artistiche e creative, è rintracciabile nel moltiplicarsi di pratiche, progetti e iniziative che continuano a prendere vita, sia nei luoghi classici della cultura, come biblioteche, musei, teatri, sia nei luoghi tradizionalmente riservati alla cura delle persone, coinvolgendo ospedali, Rrs, altre istituzioni assistenziali, carceri, centri culturali ibridi di nuova generazione, interi quartieri e aree fragili o degradate delle città.
Una costellazione variegata e numerosa di realtà di diverse dimensioni e natura, che opera sui propri territori di riferimento per offrire una risposta concreta – seppur temporanea e di breve periodo – alle sfide della contemporaneità: dall’invecchiamento attivo delle persone anziane al benessere dei curanti (compresi i caregivers non professionali), dalla tutela della salute mentale dei giovani all’umanizzazione dei luoghi di cura, dal contrasto alle disuguaglianze all’inclusione e all’empowerment delle persone marginalizzate lungo tutto l’arco della vita, a partire dai primi mille giorni. Le arti trasformano i luoghi, rendendoli familiari, gentili, accoglienti, dando valore ai servizi, alle competenze degli operatori della cura, sostenendoli anche psicologicamente in compiti usuranti emotivamente, favorendo empatia, relazioni, lavoro nei gruppi. Abitiamo i luoghi, ma i luoghi ci abitano, in un principio di circolarità.
Un fermento che permea anche la città di Mantova con le tante iniziative realizzate nel corso degli anni, come il grande lavoro svolto dalle biblioteche con i percorsi dedicati alla promozione della lettura nei luoghi di cura, le progettualità sviluppate dalla Fondazione Palazzo Te sul tema dell’accessibilità al museo per persone anziane fragili e per chi se ne prende cura, oppure la straordinaria esperienza dei “Donatori di Musica” in ospedale, una rete di artisti, medici, infermieri e volontari che organizzano stagioni di concerti, prevalentemente nei reparti oncologici, per abbattere le barriere e le distinzioni tra persona “malata” e “sana”, tra “curante” e “paziente”.
Sebbene ci troviamo di fronte a un percorso di esplorazione in corso, l’attenzione in continuo aumento al rapporto tra cultura e salute dimostra che, mai come oggi, abbiamo l’opportunità concreta di compiere quel salto di scala a lungo atteso e auspicato, trasformando le pratiche in politiche capaci di promuovere una nuova idea di welfare, valutabili e valutate per favorirne replicabilità. Un welfare culturale, di comunità, generativo, che riconosca il valore costitutivo della partecipazione culturale- ancora bassa nel nostro paese- per lo sviluppo, per tutti, delle life skills, le abilità per la vita, del potenziale di ogni persona, definite cardine da OMS nel 1993, terreno per la realizzazione e il benessere individuale e della collettività. Spezzando il trend delle diseguaglianze che trovano radici nella povertà educativa ed esperienziale.
CCW-Cultural Welfare Center, realtà non profit italiana focalizzata sul tema, è nata nel 2020 per accompagnare con percorsi di ricerca, capacity building, advocacy lo sviluppo della relazione tra Cultura e Salute per il benessere delle persone e delle comunità in contrasto alle diseguaglianze. www.culturalwelfare.center
di Catterina Seia e Vittoria Azzarita – CCW-Cultural Welfare Center