ADHD, un disturbo che coinvolge l’attenzione e l’impulsività con sintomi fin dalla prima infanzia

La prevalenza in età evolutiva viene stimata superiore nei maschi, anche a causa di una presentazione più dirompente, che porta a una diversa ricerca di trattamenti specifici

L’ADHD, acronimo del disturbo da deficit di attenzione e/o iperattività/impulsività, è un disturbo molto frequente, che colpisce circa il 7,6 per cento dei bambini e il 5,6 per cento degli adolescenti. Si può presentare con prevalente disattenzione, con prevalente iperattività/impulsività o con manifestazioni miste.

Laura Lecca

In genere i sintomi si osservano sin dalla prima infanzia, ma spesso iniziano a inficiare in maniera significativa le abilità del bambino durante la scuola primaria o secondaria inferiore, nei vari contesti di vita. La prevalenza in età evolutiva viene stimata superiore nei maschi, anche a causa di una presentazione più dirompente, che porta a una diversa ricerca di trattamenti specifici.

Sebbene in passato venisse considerata una problematica esclusiva dell’età evolutiva, attualmente è stata ampiamente evidenziata la persistenza in età adulta in cui la prevalenza è del 2,5 per cento.

La disattenzione si manifesta con numerosi errori di distrazione nei compiti, con la difficoltà a mantenere l’attenzione per tempi prolungati, difficoltà a portare a termine le attività o a rispettare le scadenze, difficoltà a organizzare le attività e tendenza a essere disordinati e poco accurati nel proprio materiale.

L’iperattività/impulsività si manifesta con la difficoltà a stare seduto e fermo, a svolgere le attività in maniera tranquilla, ad attendere e riflettere prima di rispondere o reagire, a tollerare l’attesa e a posticipare la gratificazione.

Attualmente viene posto grande rilievo alla disregolazione emotiva, sintomo spesso associalo all’ADHD, che appare correlato soprattutto alla difficoltà nell’inibizione dell’impulso. Infatti, l’impulsività e la difficoltà nell’inibizione delle risposte prevalenti sono associati a una maggiore difficoltà nella regolazione emotiva e comportamentale.

La diagnosi viene formulata attraverso un’osservazione clinica del minore e una raccolta di informazioni relativa sia al funzionamento del bambino nei vari contesti che alla sua storia di sviluppo. Appare inoltre necessario integrare test che approfondiscano il funzionamento intellettivo, attentivo, gli apprendimenti scolastici e le funzioni esecutive. Nessuno di questi test ha un significato di per sé diagnostico, ma favoriscono la comprensione dei punti di forza e delle difficoltà del ragazzo, oltre a permettere l’osservazione del suo comportamento, delle sue abilità di problem solving e la sua tenuta attentiva.

La terapia si basa su un trattamento multimodale, che prevede in primis una psicoeducazione rivolta al minore e ai genitori. È necessario poi stabilire un piano di trattamento individualizzato, che prenda in considerazione le caratteristiche e le necessità specifiche del minore e della sua famiglia. Il trattamento psicoterapico specifico è di tipo comportamentale e può essere mirato al minore, ai genitori e agli insegnanti. In base alle singole necessità possono però essere valutati e attivati altri percorsi riabilitativi o terapeutici.

La farmacoterapia di elezione sono gli psicostimolanti, in particolare il Metilfenidato, che può essere prescritto attraverso piano terapeutico da specialisti abilitati, all’interno dei centri regionali per l’ADHD. La Neuropsichiatria Infantile di ASST Mantova è riconosciuto come Centro per l’ADHD di Regione Lombardia. È possibile perciò effettuare le valutazioni diagnostiche e gli interventi terapeutici, farmacologici e non, mirati al minore e alla famiglia.

Di Laura Lecca, medico struttura Neuropsichiatria Infantile Asst Mantova

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