Il progetto educativo come strumento cardine fra le mani di questa figura professionale: “Una bussola che orienta le azioni, le relazioni e gli obiettivi”
Spiegare con precisione o sufficiente chiarezza il ruolo dell’educatore professionale spesso mi risulta difficile. Quando mi si chiede “che lavoro fai?” cerco sempre di trovare le parole più adatte per dare il giusto valore e riconoscimento alla nostra professione senza cadere nella retorica. La risposta resta comunque sempre la stessa – “che bel lavoro che fai, non deve essere semplice” – così come la sensazione di non essere stato compreso. D’altronde capisco che non è semplice spiegare una professione che non parla di numeri o di formule, ma al contrario maneggia e si prende cura del “capitale umano”, quello vero e autentico, di ciascuno di noi. A tutto questo poi si aggiunge una offerta universitaria confusa a causa della varietà di percorsi formativi, che nel concreto si traduce in tante università differenti per la stessa professione.
Dentro il grande calderone dell’educatore e dell’educare, delle relazioni e delle emozioni, esistono però dei punti saldi, degli strumenti che appartengono alla nostra professione e che in qualche modo qualificano e danno valore al nostro agire educativo. Il primo tra tutti, a mio parere il più importante, è il progetto educativo, lo strumento cardine del lavoro dell’educatore: una bussola che orienta le azioni, le relazioni e gli obiettivi. Partendo dai bisogni della persona e del suo potenziale, il progetto educativo permette di tradurre in pratica la teoria, le idee, i pensieri e le conoscenze in obiettivi e attività. Dentro troviamo studio, riflessione, pensiero, coerenza e metodologia: ogni gesto, ogni proposta, ogni parola viene indirizzata da un intento chiaro.
Come scrive Duccio Demetrio: “L’educazione non è improvvisazione. È un atto intenzionale, che lascia un segno, che graffia e incide intenzionalmente la vita individuale per lasciarvi la sua impronta e in quanto tale deve disporre di una cornice solida qual è il progetto educativo stesso”. E se oggi la salute considera non solo il soggetto ma anche l’ambiente sociale in cui vive, allora il progetto educativo deve tendere alla relazione dell’individuo con il contesto.

La salute o il benessere diventano qualcosa di più profondo e complesso che va oltre l’assenza di malattia, ma riguarda il senso di appartenenza e di realizzazione. In quest’ottica lo strumento deve indirizzare i suoi sforzi verso una dimensione collettiva, accogliente, che riconosce la persona e le dà un ruolo, che dà la possibilità di esprimersi e di stare in relazione con gli altri, giorno per giorno.
L’agire educativo che sottende il progetto educativo può rappresentare quindi una possibilità, una occasione per rendere consapevole e responsabilizzare la persona del diritto ad avere una vita autentica e reale all’interno di un contesto e in una dimensione intersoggettiva, con sentimenti e desideri espressi ed azione compiute, dove la relazione e “l’imparare a stare meglio” avviene oltre che con se stessi, anche nell’incontro con l’altro, dove si comprende e si impara a scegliere ciò che per noi ha valore e che può diventare un obiettivo di vita.
Nel concreto negli ultimi anni in Italia sono nati tanti progetti virtuosi che lavorano in un’ottica ecologica, che perseguono obiettivi realmente educativi volti al cambiamento: dalla più famosa realtà milanese di “Pizzaut”, al “Tortellante” di Modena, dalla sala “Da Tè” a Cento fino a giungere alle nostre realtà Mantovane come ‘Sbrisolaut’ e ‘SuperAbili’, tutti progetti che danno possibilità concrete di apprendimento e autonomia.
Se penso ora alla nostra sanità pubblica e in particolare a tutto il comparto della salute mentale c’è tanto ancora da fare. In un sistema rigido, dove non ci si vuole fermare a riflettere sul senso e sull’efficacia degli interventi, in cui spesso si agisce sull’urgenza e si rincorre il problema, il progetto educativo può rappresentare realmente uno spazio importante di riflessione, di lentezza e consapevolezza del nostro agire educativo, una cornice di senso importante che racchiude e mette in relazione le varie professionalità e i differenti saperi (nella foto Luca Pasqualini).
Di Luca Pasqualini, educatore professionale Dipartimento Salute mentale e dipendenze Asst Mantova (Cps e Npia)