L’approccio dialogico per affrontare le criticità del mondo del volontariato: “Immaginiamo il futuro per affrontare il presente”

Il CSV istituisce un gruppo di incontro per le associazioni, facilitato da Bruno Miorali. Fra le problematiche emerse: la carenza di volontari, l’isolamento, le difficoltà di fare rete, i finanziamenti

 

Un gruppo di incontro, istituito dal CSV Lombardia Sud ETS, cogliendo le richieste di alcune associazioni per aiutare il mondo del volontariato a risolvere le sue criticità. È uno spazio di miglioramento che trova le sue radici nel metodo rogersiano, da Carl Rogers (rappresentante della Psicologia umanistica americana), unito all’approccio attualizzato in un gruppo di docenti finlandesi impegnati nell’area della salute mentale e dei servizi sociali.

Al gruppo partecipano una decina di associazioni appartenenti all’ambito della salute, degli anziani e dei diritti, che si riuniscono una volta al mese; si tratta di Associazione Lombarda Malati Reumatici ODV, Bibliofficina ODV, Amnesty International gruppo di Mantova, Associazione Non Ti Scordar Di Me ODV, Scuola senza frontiere Sandro Saccani ODV, Anlaids Mantova ODV, Oltre la Siepe ODV, Club delle tre età ODV, Università Verde Pietro Toesca.

Lo conduce in veste di facilitatore Bruno Miorali (in foto), esperto di conduttori di gruppi e vicepresidente dell’associazione Oltre la Siepe e coordinatore dell’Università Verde Pietro Toesca, che approfondisce l’argomento.

 In cosa consiste l’approccio dialogico?

Si tratta di un approccio che vede nella dialogicità una dimensione fondamentale di una vita autentica. Maturato in particolar modo in Finlandia, è innovativo e si collega bene ai processi di cambiamento in atto. Trova riscontri in tanti altri Paesi ed è adottato in vari settori. Per approfondire la tematica educativa, il gruppo di medici e sociologi finlandesi che aveva ideato questo metodo era venuto in Italia circa una ventina di anni fa per studiare un’esperienza pedagogica all’avanguardia, guidata dal docente universitario di pedagogia Paolo Perticari in un istituto comprensivo bresciano. Perticari aveva approfondito una didattica conversazionale che si connetteva molto bene con il percorso di ricerca dialogico. Si parte dal presupposto che la dialogicità è una dimensione fondamentale della vita: prima si impara a respirare, poi a dialogare, secondo il professor Seikkula, “La vita umana autentica è un dialogo aperto. Una persona partecipa con gli occhi, le labbra, le mani, l’anima, la spiritualità, tutto il suo corpo e tutte le sue azioni”. Ad esempio, uno psicoterapeuta raggiunge il massimo della sua efficacia quando perde il suo ruolo e si mette sullo stesso piano del paziente, diventa una voce come l’altra. La chiamano, tecnicamente, esperienza polifonica: il terapeuta non guida, ma viene guidato per realizzare una esperienza condivisa.

In cosa consiste l’attività del vostro gruppo di incontro?

Una delle proposte che faccio è il dialogo anticipatorio del futuro. Si definisce il futuro, massimo un paio d’anni di distanza dal presente, ci si chiede cosa è necessario fare per arrivare a quel punto, quali azioni servono. Definire il futuro serve a stimolare la creatività e quindi il cambiamento; la visione chiara del futuro agevola la formazione di un piano di azioni basato sulle preoccupazioni che vivono le associazioni. Attualmente, siamo arrivati a formare due gruppi, uno centrato sui problemi della salute e l’altro sui problemi dei diritti. La prospettiva a cui le organizzazioni stanno cominciando a pensare è lavorare a un Centro di Informazione e Formazione per il volontariato.

Quali sono le problematiche che le associazioni fanno emergere?

L’isolamento, la difficoltà a collaborare fra associazioni, a fare un lavoro di rete seria che vada al di là della partecipazione al singolo bando, la mancanza di strutture adeguate a svolgere il proprio lavoro, la solitudine legata ai problemi di salute, in particolare per le famiglie che vivono la fragilità del disagio psichico e per gli anziani, la carenza di finanziamenti e di volontari, la pesantezza della burocrazia. C’è chi, visualizzando il futuro, ha immaginato di raggiungere questi traguardi: “non sono più isolato”, “sono arrivate nuove adesioni e collaboro meglio con le altre associazioni”, “ci si aiuta al di là dell’appartenenza”, “mi sono aperto e ho chiesto aiuto”.

In quali altri ambiti si segue il percorso dialogico?

In Italia nelle scuole, anche in provincia di Mantova. Penso all’esperienza dell’Istituto comprensivo di Curtatone (scuola primaria di Buscoldo), che presentiamo nel numero 4 della rivista “Paesaggi educativi”, dove vengono utilizzate, ad esempio, le pratiche dialogiche per la gestione dei conflitti tra gli alunni di una classe seconda. Nel dialogo con la famiglia l’alunno deve essere presente. Io mi occupo di sviluppare questo approccio nelle scuole superiori di Mantova. Presto si comincerà all’Istituto FORMA di città, grazie alla progettazione partecipata del Co-Lab (struttura che favorisce la collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti nella ricerca del benessere mentale) nel CPS di Mantova. La progettazione partecipata vede la presenza attiva di familiari e pazienti che cercano di superare antiche barriere fra operatori e “clienti” per fare rete. L’approccio dialogico prevede che reti specifiche si occupino di trattamenti e piani terapeutici. Come la comunicazione scuola-famiglia deve avvenire in presenza dell’alunno, anche l’intervento sul paziente deve avvenire con la sua presenza attiva sin dall’inizio della discussione della terapia. Questo serve a favorire la connessione fra pensieri e bisogni dei partecipanti nel momento del dialogo presente. Vorrei infine ricordare la campagna regionale per la salute mentale che ha visto la prima assemblea cittadina proprio a Mantova nel 5 marzo scorso. Anche questa deve diventare una grande occasione per mettere al centro del cambiamento le associazioni dei familiari!

 

Nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.

Archivi
Categorie
Iscriviti alla newsletter