Intervento chirurgico raro e all’avanguardia alla caviglia: il giovane paziente torna a camminare. Il Poma tra i centri di riferimento italiani
Una protesi di caviglia personalizzata con sostituzione completa dell’astragalo, osso portante della caviglia, a un paziente di 33 anni. Intervento raro quello eseguito recentemente dagli specialisti della struttura di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale di Mantova: il responsabile della chirurgia piede-caviglia Manuel Bondi e il direttore della struttura Andrea Pizzoli. Il giovane paziente è ora in fase di riabilitazione ed è tornato a camminare.
“Si tratta di un intervento delicato – spiega Manuel Bondi – che si esegue in pochi centri italiani, in quanto l’astragalo è la chiave di volta della caviglia e, causa l’elevata congruenza di questa articolazione, non è affatto facile la ricostruzione. Mantova è fra le strutture di riferimento in Lombardia per la protesi della caviglia. Effettuiamo circa 400 interventi di protesi all’anno (anca, ginocchio, caviglia, alluce e spalla). Il nostro paziente riportava un deficit di deambulazione e una necrosi astragalica come esito di piede torto bilaterale, una condizione patologica che porta l’osso interessato a collassare. Risultava pertanto fortemente limitato nella deambulazione”.
Le terapie conservative a cui è stato sottoposto – camera iperbarica, magnetoterapia, terapie mediche – non avevano sortito gli effetti sperati e così si è passati al trattamento chirurgico in questione, evitando una sequela di altri interventi di ricostruzione dal dubbio esito funzionale.
La procedura, grazie all’elaborazione tridimensionale delle immagini della tac propedeutica, consente di accoppiare la protesi standard della tibia a una “custom made” dell’astragalo in titanio (protesi fatta su misura), realizzata con una stampante 3D. Si arriva quindi a un allineamento osseo con precisione millimetrica. Una soluzione cucita addosso al paziente e tecnologicamente ultramoderna.
“La soluzione adottata – continua Bondi – è impiegata solo in casi selezionati, quando viene riscontrata una grave forma di necrosi, che causa parecchio dolore e limita in maniera significativa il cammino, interferendo con le attività quotidiane. Si procede così alla ricostruzione completa della parte danneggiata grazie allo studio della tac 3D.
Questo tipo di impianto è più accurato rispetto alla tecnica “manuale”, che non prevede una vera personalizzazione della procedura e dei componenti. I tempi di esecuzione dell’intervento e di recupero post-operatorio sono più brevi rispetto alle ricostruzioni. Inoltre, la minore esposizione dei tessuti molli permette un miglior controllo del dolore dopo l’operazione.
“La caviglia – spiega il dottor Bondi – è un’articolazione dalla biomeccanica particolare. Ha una superficie molto piccola, che subisce sollecitazioni importanti legate al carico che ciascuno di noi produce a ogni passo. A differenza delle articolazioni di ginocchio e anca che sono isolate, la caviglia è inserita in un contesto di collegamento tra gamba e piede. Ecco perché programmare un intervento di protesi di caviglia non è così semplice e occorre considerare una serie di fattori secondari all’assetto del piede o all’allineamento delle estremità di tibia e perone”.
In questo settore la struttura mantovana ha già al suo attivo una buona casistica nella protesica di caviglia. Dopo la valutazione clinica del paziente, si procede all’acquisizione di una tac tridimensionale delle caviglie, per avere una rilevazione precisa della forma e delle dimensioni dell’osso da ricostruire da parte di un laboratorio di biomeccanica.
“Una volta studiato accuratamente il caso – spiega Andrea Pizzoli – gli ingegneri del laboratorio progettano le guide che serviranno per il posizionamento della componente tibiale e ricostruiscono l’intero osso astragalico in titanio che, durante l’intervento, verrà accoppiato con la protesi attraverso un menisco in polietilene. Solo a seguito dell’approvazione da parte del chirurgo ortopedico verrà avviata la produzione dei componenti”.
Di fronte a una patologia così invalidante, questa è una soluzione che raggiunge gli stessi risultati ottenuti dalla moderna chirurgia ortopedica protesica a livello delle altre articolazioni maggiori portanti. “Il paziente – conclude Bondi – può ottenere una buona funzionalità della tibio-tarsica, eliminare o ridurre il dolore in maniera significativa, avere risultati duraturi nel tempo e specialmente recuperare velocemente la funzione articolare”.
La degenza media è di due o tre giorni con inizio della riabilitazione fisioterapica a tre-quattro settimane dopo l’intervento. In questo periodo il paziente deve indossare un tutore di immobilizzazione, che può essere rimosso per le medicazioni e per eseguire esercizi di mobilizzazione della caviglia da iniziare già dopo una settimana dall’operazione.