Assistenti sociali: un ponte tra interno ed esterno, strumento per tessere relazioni e migliorare la qualità di vita

In un convegno la necessità di superare il paradigma ‘problema-terapia’ aprendosi alla valorizzazione della persona e del suo contesto di vita

Un dialogo a più voci su quali siano le sollecitazioni che in questi anni stanno interrogando, stimolando e provocando i servizi di salute mentale e dipendenze e come queste impattino sui professionisti che ne fanno parte. È stato questo il tema portante dell’iniziativa promossa dagli assistenti sociali del dipartimento Salute Mentale e Dipendenze di ASST Mantova con il convegno dal titolo ‘Salute mentale, psichiatria comunitaria e servizio sociale’ che si è svolto in occasione della settimana dedicata alla salute mentale, lo scorso 7 ottobre. Il gruppo promotore è composto da 7 assistenti sociali del Servizio Dipendenze, 5 del Servizio psichiatrico e 1 della Neuropsichiatria Infantile.

Il dibattito ha visto, tra gli altri, l’intervento di Maria Inglese, psichiatra dell’Ausl di Parma con una lunga esperienza nei servizi di salute mentale, delle dipendenze e negli istituti penitenziari, che ha condiviso, partendo dagli stimoli forniti dalla coordinatrice del dipartimento Salute Mentale e Dipendenze, assistente sociale Graziella Simoncelli, riflessioni orientate a un approccio di lavoro con le persone che accedono ai servizi. Riflessioni che consentono di superare il paradigma ‘problema-terapia’ aprendosi alla valorizzazione della persona e del suo contesto di vita.

Un lavoro di interconnessione tra interno ed esterno, tra istituzioni e servizi e la comunità, considerando che anche il servizio è parte della comunità stessa. I servizi del dipartimento Salute Mentale e Dipendenze sono definiti socio-sanitari e, dunque, al loro interno vedono la presenza di professionisti sanitari e sociali che quotidianamente si integrano arricchendo, ciascuno con le proprie competenze, la lettura dei bisogni presentati dalle persone che vi accedono.

Il valore del ruolo dell’assistente sociale nei progetti di cura è stato riconosciuto al punto tale che si è ritenuto importante, con delibera aziendale del 2009, istituire un’Area Sociale con a capo un assistente sociale. Si è trattato della prima esperienza in Lombardia. Nel corso degli anni, anche con l’unione, nel 2016, dell’Azienda Ospedaliera e dei Servizi territoriali, l’Area Sociale ha subito alcune modifiche, fino a trovare il suo attuale assetto, definito con delibera del 2017 e con le regole di unità operativa del 2021. Ad oggi, viene mantenuta con un nuovo responsabile, Luca Bacchetta, e raggruppa tutti gli assistenti sociali operanti, a eccezione di quelli assegnati alle Rems ed all’Ufficio di Protezione Giuridica.

Se è verosimilmente intuitivo quale sia il mandato delle professioni sanitarie, si è ritenuto utile con il convegno sottolineare alcune delle peculiarità del lavoro sociale. Il ruolo dell’assistente sociale, nello specifico, consiste nel “prendersi cura”, nel curare con l’intenzione di migliorare la qualità di vita, a prescindere dalla persistenza o meno della patologia; è un modo di guardare ai problemi sociali senza il filtro della malattia, collocandosi nello spazio di vita delle persone.

Il codice deontologico dell’assistente sociale, tra i principi generali della professione – titolo II, artt.8 e 11 – definisce che “l’assistente sociale riconosce la centralità e l’unicità della persona in ogni intervento; considera ogni individuo anche dal punto di vista biologico, psicologico, sociale, culturale e spirituale, in rapporto al suo contesto di vita e di relazione” (…) “valorizza autonomia, soggettività e capacità di assunzione di responsabilità, sostenendole nell’uso delle risorse proprie e della società, per prevenire e affrontare situazioni di bisogno o di disagio e favorire processi di inclusione”.

Il lavoro dell’assistente sociale, oggi più che mai, richiede creatività nell’unire, nel mettere insieme parole e pensieri e portare l’esterno all’interno, affinché avvenga una contaminazione reciproca e continua: un dentro e un fuori che si parlano, che si intrecciano in una dialettica costante.

Occorre varcare la soglia: del servizio, dell’istituzione, del proprio vissuto, per affacciarsi su una comunità con la quale stringere un nuovo patto, consapevoli del rischio dato dal lavorare nell’incertezza, ma pronti a lasciarsi stupire dalle piacevoli sorprese che possono derivarne.

Gli assistenti sociali del gruppo dipartimento Salute Mentale e Dipendenze: Mariangela Calabretta, Francesca Caruso, Roberta Caruso, Simone Covolan, Rosaria Di Bella, Maria Dragone, Palmina Gualtieri, Gessica Lodi, Erika Martinelli, Paola Melluzzo, Laura Pasetti, Graziella Simoncelli

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